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Adolescenza

15-03-2023 16:43

Emidio Tribulato

ADOLESCENZA, Prevenzione, adolescenza,

Adolescenza

Se riusciamo a comprendere il mondo dell'adolescente, sarà più facile gestiri i ragazzi nel loro percorso verso la maturità.

ADOLESCENZA

La gestione dell’adolescenza è difficile. 

E’ difficile perché il genitore avverte nella ricerca dell’indipendenza del figlio la perdita o la messa in discussione della sua autorità. Tuttavia in ogni cambiamento c’è una perdita ma c’è anche un’acquisizione. Quindi se i genitori perdono qualcosa, come la sua stima incondizionata, la fiducia illimitata, acquistano anche qualcosa: un rapporto più paritario, più maturo e responsabile. 

Nei genitori vi è, inoltre, la paura per le esperienze che il figlio farà. Essi temono, e ne hanno tutti i motivi, le esperienze negative o traumatizzanti e pertanto nutrono il desiderio più o meno conscio che tutto torni come prima. 

C’è spesso un’incapacità nel distinguere il normale dal patologico: a volte i genitori accentuano la patologia, altre volte sminuiscono di molto i problemi. 

Nel primo caso corrono il rischio di vedere il cambiamento come anormalità: “Mio figlio prima era buono, affettuoso, ubbidiente, studioso, adesso sembra impazzito, tutto ciò che fa è sbagliato, abnorme.” Sicuramente l’adolescente fa delle cose eccessive, strane, diverse da quelle che faceva prima, ma tra l’anormalità vera e l’eccesso, la ribellione, la tensione fisiologica dell’adolescente, vi è una bella differenza. 

Nel secondo caso i genitori non riescono ad accettare e ammettere la patologia presente. 

Per evitare autocritiche, molti genitori non vedono o si rifiutano di vedere gli elementi patologici presenti nei loro figli, neanche quando degli specialisti li comunicano chiaramente. Se fuma o beve eccessivamente sono pronti a difenderlo: “Una sigaretta non ha fatto mai male a nessuno; un poco d’alcool fa bene al cervello ed al cuore.”  Se usa droghe leggere commentano: “Adesso tutti i ragazzi fumano queste porcherie.” Se spaccia spinelli o droghe pesanti:  “E’ perché ha bisogno di soldi e suo padre, tirchio, non gliene dà a sufficienza .” Se si droga con l’eroina: ”È perché, poverino, non riesce a farne a meno”. Non vedere la patologia evita le autocritiche, e protegge dalle risonanze emotive, ma non fa attivare nel cercare le cause del problema e nel trovare l’aiuto più efficace. 

Spesso sono usati dei meccanismi di negazione dei propri comportamenti errati. Nel caso di separati, quasi sempre la colpa è dell’altro coniuge, che non segue il figlio, che si disinteressa della sua educazione o che è troppo debole o permissivo. Nelle coppie non separate la colpa è quasi sempre degli altri: le cattive compagnie, la televisione, gli altri adulti, la società. Che gli altri, gli adulti, i giovani, la società abbiano oggi delle responsabilità non c’è dubbio, ma questo non attenua la responsabilità individuale della coppia di genitori.

Affinché l’adolescenza si svolga in maniera serena, duri per il tempo indispensabile alla nascita di un nuovo uomo o di una nuova donna, sono necessarie diverse condizioni.

Che i minori siano portatori di una grande ricchezza interiore.

Una ricchezza fatta di benessere psicologico, serenità, equilibrio, adeguata maturità sessuale. Non siano portatori, quindi, di problematiche inconsce non risolte dovute a gravi e/ o frequenti errori educativi o a carenze affettive.

Che i genitori siano capaci di molta pazienza.

La santa cui tutti i genitori dovrebbero rivolgersi nelle loro preghiere del mattino e della sera è “Santa Pazienza!” Purtroppo non la trovate nel calendario, ma vi assicuro che è lei, e soltanto lei, che ci può soccorrere nelle mille disavventure domestiche che gli psicologi chiamano pomposamente “rapporto genitori - figli.” 

Che si riesca ad attuare un confronto sereno.

Vi sono vari modi per reagire alle contestazioni, alle critiche, al fiume d’idee, a volte poco coerenti, dell’adolescente: 

  • Andare “l’un contro l’altro armato.“ Genitori contro i figli e viceversa, con acredine e distruttività reciproca in modo tale da costringere l’altro a cambiare le proprie idee, le proprie opinioni, i propri comportamenti, Cioè iniziare una guerra all’ultimo sangue, dall’esito incerto, ma dalle sicure, distruttive conseguenze, nella relazione con il figlio.
  • Oppure accettare passivamente, e quindi uniformarsi acriticamente ai suoi pensieri, alle sue opinioni, ai suoi comportamenti. Accettarli, anche se li sentiamo errati, anche se avvertiamo chiaramente che da questi può derivare un danno per lui o per la famiglia. Accettarli anche se diversi, troppo diversi e lontani dai nostri, e dalla realtà; ed in tal modo farsi amico e alleato il figlio, trascurando le proprie idee ed il proprio compito.
  • Ci sembra invece più corretta una terza via, che è quella del confronto. Confronto per far capire idee e valori universali pur rispettando le sue idee ed i suoi valori. Confronto, senza colpi bassi, in maniera affettuosa, civile, amorevole, ma in modo fermo e deciso per tenere fede ai propri principi, alle proprie idee, al proprio ruolo. Confronto pur cercando di capire le idee dell’altro, pur ascoltando i bisogni e le idee dell’altro. Solo in questo modo è possibile sviluppare e educare nel ragazzo, le sue capacità di riflessione e critica, in modo tale che le informazioni che gli provengono dai mass-media, dagli altri giovani, dal mondo, non siano assorbite passivamente e accettate acriticamente ma vengano a poco a poco vagliate, analizzate e, quando è necessario, autonomamente respinte.

         Come dice P. Lombardo occorre distinguere i sentimenti dalle azioni. 

“Bisogna abituarsi a rispettare i sentimenti e i giusti desideri di autonomia di un giovane, ma rimanere fermi ed intransigenti su alcuni dannosi comportamenti. Quando un’azione è inaccettabile, il ragazzo va ripreso e messo davanti alle sue responsabilità.” 

C’è il rischio che il genitore, ricordando la sua sofferenza durante l’adolescenza, che comporta spesso qualche pena a causa delle problematiche di cui abbiamo parlato, leghi questa sofferenza all’atteggiamento dei propri genitori e quindi tenda ad avere nei confronti dei figli un comportamento totalmente diverso. Come dire: “Io nell’adolescenza ho sofferto, i miei figli non voglio che soffrano.” Come è possibile non farli soffrire? Accontentandoli di tutto, per esempio. Prevenendo addirittura i loro desideri. Accettando tutte le loro richieste. Sottovalutando i rischi. Dando loro tutto ciò che normalmente dovrebbe essere negato. 

Che il dialogo genitori-figli, ma anche adulti - giovani sia continuo ed efficace.

Non è certamente facile il dialogo con i figli adolescenti:

  • spesso il linguaggio è ridotto a pochi monosillabi: “Sì”, “No”, “Forse” “Non so.” In altri casi il dialogo è soprattutto fatto di richieste sempre più numerose e pressanti cui è difficile dire sempre di sì; d’altra parte i “no” determinano, bronci e chiusure che portano il figlio ancora di più a chiudersi a riccio;
  • l’adolescente tende a vedere come unici soggetti di dialogo i propri coetanei discriminando in modo massiccio tutti i “matusa”;
  • la contestazione delle idee degli adulti è quasi un obbligo morale cui ogni adolescente sente di non dovere e non poter rinunciare;
  • le prospettive da cui si discute sono diverse. Sono diversi i ruoli, le responsabilità, i bisogni, le esperienze, le realtà interiori vissute. I figli vivono e scoprono il presente, i genitori portano oltre all’esperienza del presente anche quella del passato e devono essere attenti al futuro. I figli cercano di soddisfare i loro bisogni di affetto, sessualità, piacere, comunione e avventura con i coetanei, in un cocktail confuso, i genitori hanno il compito di mettere ordine in questi loro bisogni, in modo tale che il soddisfarli sia di utilità e non di danno, porti ad una crescita e non ad una regressione, porti alla vita e non alla morte, porti alla gioia e non a dolore, porti al futuro e non li imprigioni nel presente; 
  • gli adolescenti vivono la realtà, immersi in una doccia ormonale che esalta e trasfigura la realtà. I genitori hanno il dovere di correggerne la rotta indirizzandone il corso verso acque più placide, sicure e tranquille. 
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Pertanto deve essere più intenso ma diverso il dialogo, tenendo presente la realtà psicologica in cui gli adolescenti vivono. Diverso perché più attento, pacato e delicato che nel passato. Diverso giacché dovrebbe tendere a capire e farsi capire pur mantenendo la chiarezza dei ruoli. Per tale motivo è giusto ascoltare con pazienza ed apertura ma continuando ad educare e a guidare. Continuando a prospettare obiettivi e mete chiare. Continuando ad assumersi tutte le responsabilità necessarie nel dire di “no”, quando occorre, nel dare dei limiti, delle norme e anche delle punizioni, quando servono. 

La condivisione di esperienze emotive è certamente utile per capire e farsi capire. Tale condivisione deve permettere all’adolescente, mediante esperienze maturanti fatte con gli adulti, di spiccare un salto di qualità.  

Purtroppo, in questo periodo storico sembra che i genitori e gli educatori in genere, nei confronti degli adolescenti, abbiano effettuato una sorta di tregua e alleanza. Al figlio non sono fatte che delle richieste minime. I divieti, rari, riguardano solo richieste assurde. Si cerca, tenendo conto delle risorse economiche della famiglia, di vietare il meno possibile e di concedere il più possibile. I limiti e le concessioni spesso non s’inseriscono in un progetto educativo, e quindi non tengono presente le esigenze di crescita e maturazione del figlio, ma tengono conto solo della situazione economica della famiglia. 

Il quadro dell’adolescente risulta come svuotato da quelle tensioni che ne avevano costituito la caratteristica tipica: non c’è l’adolescente arrabbiato, ma c’è l’adolescente sazio, pago dei mille piaceri che gli sono giornalmente offerti su un piatto d’argento. C’è l’adolescente annoiato, che passa da una cena all’altro, da un divertimento all’altro. 

Che i genitori accettino e seguano i cambiamenti che avvengono nei rapporti con i figli.

 Mentre durante il periodo edipico la femminuccia è più legata al padre ed il maschio alla madre, durante il periodo adolescenziale vi dovrebbe essere un maggior legame con il genitore dello stesso sesso in modo tale che vi sia un completamento dell’identità sessuale, mediante l’introiezione della caratteristiche specifiche. Per tale motivo i genitori dovrebbero sapersi porre come modelli d’equilibrio, saggezza e serietà senza lasciarsi trascinare dal caos adolescenziale. 

Che i genitori sappiano affrontare il figlio adolescente con piena unità d’intenti.

L’adolescenza dei figli può attuare un cambiamento interiore e risvegliare problematiche inconsce sopite. Ciò può modificare, a volte profondamente, il rapporto di coppia.

Un figlio o una figlia adolescente possono far riemergere sentimenti di nostalgia per un periodo che si ricordava felice e spensierato e quindi spingere alla regressione adolescenziale uno o entrambi i genitori, nella ricerca dell’Eden perduto. Allo stesso risultato può portare un sentimento di rivalsa per ciò che non si è avuto o non si è vissuto bene o pienamente. “Io soffrivo perché mio padre o mia madre non mi permettevano di fare certe cose: non voglio che mio figlio/figlia viva la stessa sofferenza, perciò gli permetto di fare tutto ciò che a me fu negato.”

Nell’uno e nell’altro caso, l’adulto tende ad instaurare con i figli una complicità di amico/a più che di genitore. Un amico che tutto accetta, comprende e favorisce pur di ottenere la “felicità” del figlio. 

Vedere i genitori solidali nell’attività educativa, è per i figli fonte di sicurezza, equilibrio e stabilità. Vedere i genitori disuniti e non concordi provoca dubbi, incertezze, ma soprattutto inimicizia e frattura verso il genitore “cattivo