Ho scoperto un filone di ricerca di cui non ero informato, che si occupa di bambini in difficoltà nel loro sviluppo e delle loro famiglie, con un'ottica diverse da quella dominante di attribuire tutte e difficoltà a difetti del bambino e anomalie genetiche , ottica che in questo periodo ha portato alla crescita esplosiva di diagnosi sbagliate di autismo e spettro autistico.
Avevo già segnalato, anche nel mio libro, l'esistenza di punti di vista diversi, nell'ambito della 'scienza' ( la pandemia di Covid almeno ci ha mostrato che anche gli 'scienziati' sono spesso di diverso parere e litigano come tifosi di squadre diverse...), in particolare nei lavori di gruppi di ricerca del filone dell'Infant Research e dei Disturbi dell'Attaccamento, attivi fin dagli anni '80 del secolo scorso, e di come viene oggi raccomandato ai pediatri nelle loro visite di controllo sui bambini, di non limitarsi agli aspetti fisici e ai 'sintomi' ma di valutare anche le caratteristiche ambientali e familiari riguardo alle modalità di accudimento e di relazione e comunicazione. (Ved)i
Questo filone è quello della cosiddetta 'Scienza dello Sviluppo' ( Developmental Science), una branca forse rimasta di pertinenza più di specialisti formati in Psicologia e scienze umane (Ph.D.) che non di laureati in medicina (M.D.). Questo filone mi sembra cresciuto nel mondo anglosassone come "in parallelo" con quello legato alle diagnosi secondo le varie edizioni del DSM, senza che si incrociassero fino a poco fa, lasciando a quest'ultimo la pertinenza delle diagnosi biologiche ma occupandosi invece degli interventi, e in particolare degli interventi precoci, in tutti i bambini con difficoltà, indipendentemente dalla diagnosi.
Citiamo da Guralnick, M. J. (2019). La Ciencia de Implementar. Enfoque de los Sistemas de Desarrollo y Prácticas Centradas en la Familia. [Implementation science, the Developmental Systems Approach, and family-centered practices.] In C. Escorcia & L. Rodriguez (Eds.), Prácticas de Atención Temprana Centradas en la Familia y en Entornos Naturales (pp 51-71). UNED Publishing: Madrid, Spain.
Questo filone individua come oggetto di studio e assistenza un ampio gruppo di
"bambini a rischio di problemi di sviluppo a causa di fattori ambientali come la povertà, l'abuso e l'abbandono, ...e a causa di fattori biologici come la nascita pretermine o il rischio familiare dovuto a fattori genetici ... (includendo anche) bambini con disturbi del neuro-sviluppo definiti in modo categorico, compresi quelli con ritardi di sviluppo eterogenei (indipendentemente dall'eziologia), bambini con un diagnosi di disturbo dello spettro autistico (ASD), bambini con una serie di disturbi del linguaggio e della disturbi della comunicazione, e quelli classificati con varie forme di disturbi sensoriali e disturbi motori e sensoriali. ... La nosologia ( psichiatrica attuale, NdR) tende ad oscurare il fatto che tutti questi gruppi vulnerabili si sovrappongono ampiamente e mostrano traiettorie di sviluppo individuali complesse e diverse."
Questo filone dunque mi sembra venire dall'esperienza, dallo studio e dall'assistenza a bambini con difficoltà evolutive e con disabilità, con problemi di sviluppo del linguaggio, di capacità scolastiche, di adattamento sociale, a causa sia biologica ( cioè malattie di vario genere) che ambientale ( cioè condizioni di deprivazione sociale, emigrazione, ecc), e non posso non notare che su tutto ciò si era basato anche lo sviluppo dei Servizi di Neuropsichiatria infantile in Italia, come erano organizzati fino a un decennio fa o poco più.
Fino ad allora quei servizi erano fondati infatti sull'assistenza a tutti i tipi di difficoltà, indipendentemente dalle diagnosi, che infatti erano considerate di scarsa importanza a livello di assistenza territoriale, e lasciati di pertinenza ai centri ospedalieri e universitari, cui erano inviati dai servizi periferici. Qualcuno (A. Milani Comparetti, neurologo infantile molto famoso negli anni 70 e 80 del secolo scorso)) tuttavia considerava 'periferici' i centri ospedalieri e universitari e 'centrali' invece, per lo sviluppo dei bambini, i servizi territoriali, che seguivano bambini e famiglie nelle difficoltà quotidiane, nella scuola, ecc, in stretto contatto con i servizi sociali, per tutta la cosiddetta 'età evolutiva'.
Ricordiamo anche che Milani Comparetti considerava più importante clinicamente, per l'assistenza ai bambini con difficoltà dello sviluppo e disabilità, la prognosi rispetto alla diagnosi e considerava quest'ultima meno importante di altri fattori prognostici ambientali, quali la presenza e la qualità dei servizi assistenziali territoriali.
Una simile organizzazione aveva permesso il superamento dell'ottica istituzionale che mandava i bambini 'diversi' nelle classi o nelle scuole 'speciali' o addirittura negli istituti diurni e totali. L'effetto del cambiamento copernicano prodotto dal passaggio dall'ottica istituzionale a quella territoriale è chiaramente visibile ad esempio nei bambini trisomici ( trisomia XXI o sindrome di Down), che negli istituti diventavano quasi tutti gravi handicappati psichici ed oggi invece hanno un'evoluzione ben diversa potendo vivere in famiglia e nei normali spazi sociali, frequentare le scuole e talvolta anche l'università e trovare un'inserimento nella società impensabile fino a pochi anni fa.
L'importanza di questo filone di ricerca scientifica che ho scoperto solo recentemente mi sembra derivi da almeno tre fattori:
il primo è che si pone chiaramente all'interno della cosiddetta 'comunità scientifica', per quanto riguarda la terminologia, il linguaggio, la produzione di articoli scientifici secondo i parametri che oggi sembrano considerati imprescindibili per la qualifica di 'scientifica' di una linea di pensiero - e che a me sembra invece che privilegi gli aspetti burocratici e ossessivi più che il merito dei contenuti: oggi probabilmente gli scritti di Galileo, Newton e forse anche Einstein non sarebbero considerati rispettare i requisiti 'scientifici' dalle odierne vestali della dea 'Scienza'.
Il secondo aspetto di particolare importanza è che questo approccio mi sembra sottolineare senza ombra di dubbio la sovrapposizione delle varie categorie di difficoltà e la presenza di fattori sia biologici che ambientali che devono essere considerati ugualmente.
Il terzo è il fatto che si tende come conseguenza a promuovere l'organizzazione di un sistema di servizi assistenziali per la prima infanzia in grado di accogliere tutti i bambini in modo simile e in ambienti simili nel modo più inclusivo possibile.
Un'ottica di questo tipo mi pare importante perchè mette in secondo piano la ricerca della diagnosi - che invece oggi predomina - rispetto all'esigenza di intervenire precocemente negli aspetti similari che interessano tutti i bambini e tutte le famiglie in difficoltà riguardo a dei fattori comuni essenziali per lo sviluppo di tutti i bambini indipendentemente dall'esistenza di disabilità specifiche o meno.
E questo è l'aspetto in comune con i servizi pubblici territoriali diffusi in Italia fino a pochi anni fa, quando sono stati soppiantati dall'ottica della ricerca dello spettro autistico, oltre che dalla partitizzazione ( più che politicizzazione) delle cariche sanitarie, a detrimento delle capacità e competenze, che sembra aver trasformato in modo devastante il funzionamento dell'assistenza ai bambini piccoli.
La ricerca americana sembra ora scoprire quindi, con grande fanfara di proclami e progetti organizzativi iper-'scientifici',quello che era normale fino a pochi anni fa nel funzionamento dei servizi pubblici territoriali nel nostro paese, e che la dirigenza politico-sanitaria degli ultimi decenni sembra aver buttato alle ortiche. Ben venga comunque questo ritorno di un'ottica aperta anche ai fattori ambientali dello sviluppo.
Scienza dello Sviluppo e interventi precoci
gbenedetti 2021