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I bambini con chiusura autistica e gli animali d'affezione

10-06-2023 11:39

Emidio Tribulato

AUTISM,

I bambini con chiusura autistica e gli animali d'affezione

Il rapporto con un animale d'affezione è sicuramente utile per i bambini che presentano sintomi di chiusura autistica ma non è sufficiente.

 

Il rapporto con gli animali è certamente più complesso e difficile ma anche più gratificante e maturante, rispetto a quello che i bambini con sintomi di autismo possono ottenere dagli oggetti, poiché gli animali sono capaci di attenzione e possono comunicare segnali di affetto e amicizia. Per quanto riguarda poi alcuni animali dotati di socievolezza, oltre che di buone capacità affettive e relazionali verso gli esseri umani, come i delfini, i cani, i gatti o i cavalli, il rapporto di questi animali con i bambini con sintomi di autismo può sicuramente essere molto positivo e ricco di stimoli.

Tuttavia bisogna sempre tener presente che è solo la presenza costante di un rapporto caldo, pieno, gratificante, gioioso, soddisfacente con degli esseri umani e soprattutto con i propri genitori, l’humus indispensabile, capace di far crescere e maturare l’Io di questi bambini.

Inoltre questo rapporto con gli animali è utile e si può instaurare efficacemente soltanto quando questi bambini hanno effettuato un percorso maturativo, che li ha aiutati non solo a non avere paura di quello specifico animale, ma anche a sapersi ben relazionare con essi. In caso contrario vi è il rischio di accentuare i loro angosciosi timori oppure si rischia di provocare nell’animale dei traumi che potrebbero provocargli una maggiore irrequietezza e aggressività.

Infine è bene non pretendere troppo da questi bambini: come immaginare che debbano prendersi cura del grazioso e morbido gattino o dell’affettuosissimo cagnolino comprati per loro. Spesso questi comportamenti responsabili non li assumono neanche i bambini che rientrano nella norma, pertanto è difficile che lo facciano i bambini con disturbi dello spettro autistico. Evitiamo quindi di aspettarci troppo, poiché rischiamo di comunicare loro la nostra delusione e la nostra irritazione.

 

 

L’episodio che riportiamo ne è un esempio.

Il papà di Salvatore era sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che guarisse il figlio che presentava sintomi di autismo, per cui rivolse la sua attenzione anche agli animali, in particolare ai cani, descritti come apportatori di benefìci, per le loro capacità di stimolare in questi soggetti le capacità sociali e relazionali.

E così questo papà arrivò a casa portando un bel cane, sicuro dell’effetto curativo che avrebbe procurato sul figlio. Purtroppo le cose non andarono come previsto. Il padre scoprì ben presto che il bambino aveva il terrore di quest’animale invadente e latrante, per cui cercava in ogni modo di starne lontano, chiudendosi nella sua stanza. Inoltre per cercare di non sentire il suo frequente abbaiare, ancor più si sentì costretto a mettere le mani nelle orecchie, nel tentativo di proteggersi. E poiché la moglie non aveva alcuna intenzione di portare l’animale più volte al giorno fuori per fargli fare i bisognini, né intendeva pulire quando questi, essendo piccolino, sporcava il pavimento della casa, il nervosismo dei genitori e i loro conflitti aumentarono ogni giorno di più. Insomma la situazione per tutta la famiglia, ma anche per Francesco, non solo non migliorò affatto ma peggiorò di molto, tanto che dopo appena un mese il cane fu riportato nel negozio di animali dal quale il padre lo aveva comprato.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato: "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

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