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Tristezza e depressione negli adulti

30-09-2023 17:43

Ermelinda Fonti

Tristezza e depressione negli adulti

La tristezza e depressione degli adulti può influenzare negativamente l'ambiente familiare.     Una delle condizioni che più incidono negativamente su

La tristezza e depressione degli adulti può influenzare negativamente l'ambiente familiare.

 

 

 

 

Una delle condizioni che più incidono negativamente sul benessere dei minori è un ambiente triste o decisamente depresso. “La depressione unipolare è tra i più comuni disturbi psichiatrici degli adulti. La prevalenza durante l’arco della vita è circa del 6%. La prevalenza nell’arco della vita, del disturbo bipolare è approssimativamente dell’1%”. (Kaplan, Sadock, 1993, p. 408) [1] La depressione materna, nelle donne tra i 25 e i 44 anni va dal 10 al 20%. 

A volte questo disturbo colpisce la madre subito dopo il parto. Spiegel (1970, p. 2136) descrive così i vissuti di una persona depressa: “L’immaginazione si arresta, il flusso delle idee rallenta, le emozioni si appiattiscono. Vi è limitata trasmissione e ricezione di comunicazioni. Sembra che l’impulso a comunicare sia perduto”.[2]  Per Wright, Strawderman e altri (1996, p. 175): “La depressione è più di uno stato d’animo triste; essa investe l’intero organismo della persona influenzandone la vita psichica, le emozioni, i pensieri. Inoltre un disturbo depressivo interferisce anche con il normale funzionamento della persona e con i suoi rapporti con la famiglia e gli amici”.[3]

Come per le piante è fondamentale la luce dei raggi del sole, per il bambino sono essenziali, tanto da non poterne fare a meno, il sorriso e la gioia di chi vive insieme a lui o che incontra frequentemente nella sua vita. 

L’essere umano, alla nascita, possiede geneticamente un grande potenziale positivo, fatto di innata vitalità, ottimismo, gioia e dinamismo. Queste potenzialità permettono al bambino di affrontare al meglio e brillantemente superare molte vicissitudini della vita. Tuttavia, quando attorno a lui l’ambiente è frequentemente, se non costantemente, saturo di malinconia, tristezza e scoraggiamento, anche questo genetico, potenziale ottimismo e questa innata luce e gioia interiore, gradualmente si affievoliscono e rischiano di spegnersi. 

Non è affatto facile vivere con dei genitori che hanno difficoltà a godere dei piccoli piaceri della vita. Allo stesso modo è difficile per un bambino vivere con una mamma o con un papà che si sentono interiormente spenti, svuotati, chiusi e soli nelle loro malinconie. È penoso vivere accanto a persone che hanno perduto la luce della speranza, che non riescono a godere il presente, mentre hanno scarse prospettive e mille incognite per il futuro. È angoscioso, per degli esseri umani in formazione, rilevare nel loro ambiente di vita una costante tristezza e malinconia, o avvertire negli adulti che li curano, i segnali di un costante senso di frustrazione e sfiducia negli altri e nel mondo, provocato anche da cose di poco conto. 

Poiché i bambini hanno bisogno di mille cure, stimoli al dialogo e sollecitazioni positive, questi sono difficili da offrire quando nell’animo dei genitori prevale l’apatia e l’apparente distacco nei confronti dei bisogni e delle necessità, sia degli stessi figli sia della famiglia. Inoltre i bambini, specie se piccoli, hanno necessità di giocare, scoprire, correre, saltare, insieme ai genitori. Ciò è impossibile quando questi ultimi sono in preda all’apatia, al distacco o predominano nel loro animo costanti sentimenti melanconici. Questi genitori che non hanno alcuna voglia di partecipare alle sollecitazioni e ai giochi dei figli, come non hanno alcuna voglia di gite, piccoli piaceri o divertimenti spengono anche nei figli l’entusiasmo per la vita, la gioia per le loro piccole o grandi conquiste. 

Se da una parte la comunicazione diminuisce in quantità, anche gli oggetti della comunicazione sono particolari in questi genitori: essi non hanno desiderio di comunicare se non le loro tristezze e pene. 

Nei casi più gravi, poiché ogni attività richiede per i depressi sforzi immani, a causa dei ridotti stimoli interiori e del notevole stato di indecisione, anche il semplice provvedere all’alimentazione e alla pulizia del neonato o del bambino, diventa un compito improbo, se non impossibile. Il motivo va ricercato non solo nell’apatia e nell’astenia ma anche nel fatto di non trarre alcun piacere e gratificazione da ogni loro atto. 

Le madri affette da grave depressione, se riescono ad alzarsi dal letto, si aggirano per la casa con un animo disperato a causa dei sensi di colpa, in quanto non sanno cosa fare e come provvedere anche solo ai bisogni essenziali dei loro figli. I padri con la stessa patologia si ritrovano sprofondati in un divano con una birra o un bicchiere pieno di un superalcolico in una mano ed il telecomando nell’altra, senza aver voglia di fare nulla, ma anche incolpandosi di questa inattività e scarsa disponibilità a darsi da fare per la famiglia e per i figli. Frequenti sono quindi nei depressi i sentimenti di autosvalutazione e colpevolizzazione che accentuano il loro già grave disagio. 

Questi sentimenti negativi, nei casi estremi, possono provocare in loro una tale disperazione da spingerli ad effettuare gesti inconsulti, come liberarsi dei bambini e/o tentare il suicidio. D’altra parte un figlio che avverte i genitori con questo tipo di problematiche, ha difficoltà ad aprirsi per avere conforto e sicurezza. Egli, se da una parte ritiene impossibile che questo tipo di genitore risponda ai suoi bisogni, dall’altra sa che le sue richieste di aiuto e supporto potrebbero peggiorare lo status psichico del papà o della mamma. 

È stato dimostrato – per esempio - un aumento della probabilità che i figli di donne sofferenti di depressione presentino difficoltà nella regolazione delle emozioni, interazioni non adeguate con il caregiver, attaccamento insicuro e ritardi nell’acquisizione di competenze fondamentali per lo sviluppo. Il parenting delle madri depresse è stato ampiamente descritto come insensibile, incompetente, apatico, anaffettivo, emotivamente piatto, disimpegnato, intrusivo, anaffettivo e arrabbiato. Distorsioni cognitive, meno emozioni positive, più emozioni negative, “Confrontate con le madri non depresse, le madri con elevati sintomi depressivi esibiscono meno emozioni positive e più emozioni negative, tendono a guardare meno il viso del bambino e le risposte nei confronti dei figli tendono ad essere ritardate e poco contingenti. In alcuni studi è stato osservato che le madri depresse percepiscono più difficoltà nel loro ruolo di genitore rispetto alle madri non depresse”. È evidente come in questa occasione il bambino rischia molto se accanto a lui non vi è un padre ma anche dei familiari attenti e affettuosi in grado di sostituire le cure materne.

Per capire meglio i vissuti di questi minori riportiamo due racconti di Maria, una bambina di sei anni che presentava difficoltà d’integrazione e disagio nell’ambito della scuola, paure, eccessivo e patologico attaccamento nei confronti della figura materna, frequente ed eccessiva conflittualità con il fratello. La mamma di Maria da anni soffriva di nervosismo, ansia, con lunghi periodi di umore malinconico o chiaramente depresso. 

 

La bambina della pioggia.

 

 

 

 

‹‹C’era una volta una bambina che andò in una casa nel bosco a prendere dei fiori. Quando il proprietario della casa vide che la bambina aveva preso i suoi fiori si arrabbiò tantissimo e la cacciò via.

La bambina aveva l’ombrello con sé, e non appena si mise a piovere la bambina di nome Serena aprì l’ombrello. Il proprietario non era più arrabbiato e la invitò a casa sua. La bambina accettò l’invito, ma non riusciva a passare in mezzo ai fiori. Il proprietario disse alla bambina di cogliere tutti i fiori per poter passare, tuttavia c’era anche un albero che ostruiva il passaggio. Il signore prende allora un coltello e lo dà alla bambina per tagliare l’albero. Tagliato l’albero la bambina decise, in un primo momento, di entrare in quella casa, poi però, avendo smesso di piovere, se ne ritornò a casa sua, cantando una canzoncina. Ritornata a casa la mamma le chiese dov’era stata per tutto quel tempo, e lei rispose che era a casa di una persona. Dopodiché la bambina Serena si preparò la borsa e andò a scuola››.

 

Da questo racconto possiamo cogliere alcuni elementi molto interessanti per comprendere meglio i vissuti dei bambini che vivono con genitori depressi. Intanto il nome della bambina Serena evoca immediatamente il suo più grande desiderio: la serenità dentro e fuori di sé. Inoltre, poiché avverte la tristezza attorno a sé rappresentata dalla pioggia, per sfuggire a questa e per ricercare un minimo di calore e di gioia cerca di prendere dalla vita qualcosa di bello (andò in una casa nel bosco a prendere dei fiori). Purtroppo a lei non è permessa alcuna gioia (Quando il proprietario della casa vide che la bambina aveva preso i suoi fiori si arrabbiò tantissimo e la cacciò via.)

Ma anche quando gli altri sono gentili con lei le difficoltà non cessano e così qualcosa di piacevole come sono dei fiori o degli alberi, diventano degli ostacoli, quasi insormontabili, che è necessario recidere, strappare e tagliare, per potersi fare strada così da raggiungere l’obiettivo. Ma a questo punto quel desiderio di aprirsi agli altri e di socializzare svanisce e alla bambina non resta altro che tornare nella sua casa, dove l’aspetta una madre particolarmente sofferente. Una madre che, presentando le caratteristiche psicologiche sopra descritte, non riesce a dare l’ascolto e, soprattutto, l’aiuto ed il supporto indispensabile (Ritornata a casa la mamma le chiese dove era stata per tutto quel tempo, e lei rispose che era a casa di una persona.) Impossibile dire tutto a questo tipo di madri. Impossibile dire le proprie difficoltà, i propri desideri e bisogni perché non potrebbero dare l’aiuto necessario per superarle. Meglio comunicare solo gli elementi essenziali e superficiali della propria esistenza; e basta.

 

La stessa bambina raccontò un’altra storia: 

 

 

L’arcobaleno rovinato

 

 

 

‹‹C’era un arcobaleno e brillava tanto. Una volta c’erano dei bambini che andavano a vederlo, e al tramonto loro sono andati a casa. Andavano perché brillava e ci giocavano sotto.

L’altra mattina si mise a piovere e i bambini si preoccupavano perché l’arcobaleno era sparito. Sono andati a vederlo un’altra volta e dissero: “Dov’è l’arcobaleno?” E si accorsero che la pioggia lo aveva rovinato. Questi bambini erano tristi perché non potevano più giocare alla luce dell’arcobaleno. Così andarono dalla mamma e le dissero: “Mamma, perché l’arcobaleno è rovinato?” E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via”. I bambini si preoccuparono, ma il mattino seguente era ricomparso l’arcobaleno e i bambini erano felici che era ritornato: la pioggia non l’aveva spazzato via, ma solo non l’aveva fatto vedere.

Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa, perché tanto, viene subito››.

 

In questo secondo racconto effettuato sei mesi dopo, quando già la bambina era in terapia e mostrava segni di miglioramento, si evidenzia ancora una volta quella spinta propulsiva vitale verso la gioia, presente nel DNA di ogni bambino. È bello vivere e giocare alla luce brillante di questa gioia interiore, per poi ritornare carichi di energie positive alla vita di sempre. Ma anche in questo racconto è presente l’atteggiamento pessimistico e distruttivo della madre sofferente di depressione (‹‹Mamma perché l’arcobaleno è rovinato?›› E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via››.) Per fortuna, dopo le iniziali preoccupazioni, l’arcobaleno ritorna e cioè gli elementi positivi e gioiosi della vita bussano di nuovo all’animo della bambina, pertanto le è possibile dare al racconto una conclusione ricca di luce e ottimismo (“Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa (che si immagina perduta), perché tanto viene subito”). Da notare, infine, che alla partecipazione ai momenti di gioia che adesso ella riesce a vivere (l’arcobaleno), la bambina fa di tutto per coinvolgere anche la madre. Si invertono i ruoli: non sono i genitori a scacciare le ombre nere dall’animo dei bambini ma in questo, come in tanti altri casi simili, può avvenire anche il contrario.


 

[1] Kaplan Sadock, manuale di psichiatria, Edises, Napoli, p 408. 1993

[2] R. SPIEGEL, La comunicazione nei disturbi psichiatrici, in Manuale di psichiatria, a cura di S. ARIETI, Torino, Boringhieri, 1970, p 2136.

[3] Carol Wright- Strawderman e altri, la depressione negli studenti in difficoltà: identificazione precoce e intervento, Difficoltà di apprendimento, Vol2, n° 2 dicembre 1996, p. 175.

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