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LE TERAPIE FAMILIARI E DI COPPIA

27-04-2023 11:56

Emidio Tribulato

Therapies, terapie familiari e di coppia,

LE TERAPIE FAMILIARI E DI COPPIA

Anche i rapporti di coppia e quelli familiari si ammalano e hanno bisogno di attente cure.

 

 

 

Così come il nostro corpo si ammala e pertanto abbiamo bisogno del medico che ausculti le nostre spalle, palpi il fegato e l’addome allo scopo di diagnosticare il nostro male, per poi consigliarci la terapia più adatta, allo stesso modo anche le relazioni, tutte le relazioni, si possono ammalare in maniera lieve oppure grave e possono avere bisogno che qualcuno esamini, comprenda l’origine dei problemi che le assillano e ci aiuti a curarle. Per questo motivo una relazione disturbata o malata non significa affatto che sia morta e che quindi abbia soltanto bisogno di un buon funerale officiato da giudici, periti e avvocati.

Questo semplice, banale concetto spesso non è compreso, né è facilmente accettato, sia dalle singole coppie, sia soprattutto dalle politiche sociali rivolte alle coppie e alle famiglie. Si legifera per rendere sempre più spediti i divorzi, che sono poi i funerali delle coppie e spesso anche delle famiglie, ma poco o nulla si fa per prevenire e poi per curare queste stesse fondamentali realtà. Per altro sono veramente poche le coppie in crisi che chiedono di intraprendere un cammino che le aiuti ad affrontare e se possibile risolvere i problemi che assillano i loro rapporti amorosi.

Immersi ormai da decenni nelle immagini edulcorate dei film e della tv sull’amore romantico, crediamo, anzi ne siamo certi, che “l’amore o c’è o non c’è; e se non c’è bisogna prenderne atto il più presto possibile: prima separandosi, poi iniziando al più presto le pratiche di divorzio e infine cercando un altro oggetto d’amore se possibile migliore e più affidabile”.

E invece, come dice Harding, un atteggiamento di maggiore responsabilità verso l’aspetto sociale del matrimonio renderebbe più rara la necessità del divorzio, di quel che oggi non sia, anche quando uno dei coniugi s’innamorasse di una terza persona[1].

L’amore che spesso viene presentato dai film e dalle telenovele come un regalo che scende dolcemente da un cielo rosato per posarsi sul nostro cuore, si dovrebbe invece paragonare a una casa che bisogna costruire in due, ora per ora, giorno per giorno, mattone dopo mattone, con fatica, con sudore, sporcandosi le mani. Ma ciò non basta. Anche quando si è finito di costruirla e sembra ben solida e funzionale, questa costruzione ha bisogno, come tutte le case, di continui interventi di riparazione, se non di una completa ristrutturazione. Cose queste che richiedono molto impegno, tanta fatica e sacrificio personale, oltre che grande fiducia e disponibilità.

Insomma non esistono, se non nella nostra immaginazione, amori stabilmente sani e felici da poter godere in panciolle; esistono invece amori da realizzare giorno per giorno, amori da proteggere, affinché non si guastino, amori da riparare o anche ricostruire, quando le intemperie e i terremoti della vita li hanno danneggiati gravemente. Come dice Pirrone [2]: “Amare significa lavorare su di sé e sulla relazione per renderla sempre migliore o per curarla quando tende a deteriorarsi”.

Poiché nella coppia le strategie che si mettono in atto, per risolvere i conflitti e le incomprensioni, sono a volte poco adatte, tanto da innescare spesso dei circoli viziosi, per cui le coppie tendono a rispondere con comportamenti sempre più negativi a stimoli comunicativi inadeguati, è necessario affidarsi ad una terza persona, esperta in questo campo, che ci aiuti. E’ comprensibile, pertanto, l’importanza d’interventi volti a fornire alle coppie strumenti capaci di sviluppare e promuovere le risorse personali e di coppia, sia per ridurre i fattori di rischio, sia per contenerli e non farli peggiorare.

Alcuni di questi “medici e psicologi della coppia” sono orientati alla prevenzione e cioè alla riduzione dei fattori di rischio dei conflitti coniugali, altri alla cura e quindi al potenziamento delle competenze della coppia.


 

Terapie di coppia

La terapia dei disturbi coniugali mira a diminuire la sofferenza e a migliorare il cattivo funzionamento del rapporto esistente tra i coniugi. Sono numerosi i programmi rivolti alle coppie.

Alcuni di questi sono molto semplici e anche divertenti, come il tradizionale metodo giapponese Shindai nel quale, quando sopraggiunge un conflitto di coppia, ogni contendente prende un cuscino con dentro delle piume sul quale è stata fatta un’incisione. I due lottano a colpi di cuscino. Il terreno di lotta è, in genere, proprio il letto matrimoniale. Il gioco termina, tra le braccia l’uno dell’altra, quando si sono esaurite le piume o quando uno dei due si arrende. Questo metodo molto antico, in fondo permette di scaricare l’aggressività presente nella coppia in un certo momento mediante un gioco nel quale non ci si fa veramente del male e in compenso si ride tanto, mentre le piume uscendo dai cuscini, svolazzano nell’aria per poi dolcemente cadere sui contendenti, come a volerli pacificare.

Le terapie di coppia classiche sono effettuate mediante l’aiuto di terapeuti esperti, capaci di costruire, con entrambi i coniugi, una buona alleanza. Queste terapie dovrebbero essere richieste ogni qualvolta uno o entrambi i partner presentano un malessere che dura nel tempo e che non si riesce a superare in maniera autonoma. Spesso nelle coppie vengono a generarsi delle dinamiche ripetitive disfunzionali che alimentano le incomprensioni, i conflitti e gli scontri in maniera più o meno aperta. Queste dinamiche tendono a ripetersi, in una sorta di circolo vizioso che ripercorre le stesse tappe, gli stessi percorsi ed a volte anche gli stessi problemi. Per tali motivi una persona terza, con competenze specifiche, ha maggiori possibilità di comprendere le dinamiche che sottostanno ai problemi e può offrire alla coppia degli strumenti nuovi e più adeguati per guardare i problemi da una prospettiva diversa, che permetta con più facilità sia di capirli sia di affrontarli e superarli.

 Le terapie di coppia sono numerose ed ognuna si propone di raggiungere mediante specifiche tecniche determinati obiettivi. In linea di massima gli obiettivi più comuni presenti nelle varie terapie mirano a:

  • Sollevare la sofferenza presente nella coppia.
  • Mettere a fuoco le criticità che rendono inefficace la comunicazione e migliorarle al fine di creare un nuovo equilibrio.
  • Superare la crisi attuale.
  • Recuperare l’intesa.
  • Appropriarsi di modalità relazionali più efficaci che promuovano il cambiamento positivo.
  • Migliorare il cattivo funzionamento del rapporto, così da viverlo in modo più costruttivo e soddisfacente[3].
  • Rafforzare la capacità di risolvere insieme i problemi.
  • Ridurre il conflitto migliorando il modo di affrontarlo.
  • Incoraggiare la complementarietà dei rapporti a livello sessuale, emotivo e sociale[4].
  • Rafforzare l’immunità contro gli effetti disgreganti della crisi emotiva.
  • Promuove lo sviluppo del rapporto e quello di ciascun coniuge, in quanto individuo.
  • Rafforzare la capacità di risolvere insieme i problemi.
  •  

Le terapie della famiglia

La terapia familiare è una forma di psicoterapia che ha come unità base il sistema-famiglia e le relazioni all’interno di questo sistema. La terapia dei disturbi emotivi della famiglia era nata soprattutto per offrire un corretto trattamento nei confronti dei pazienti minori e adulti che presentavano delle problematiche psicologiche che traevano la loro origine dall’ambiente familiare. Nel tempo sono nate numerose scuole di terapia familiare. In quella proposta da Ackerman[5] lo scopo del terapeuta è di mobilitare una forma benefica di empatia e comunicazione tra i vari membri del gruppo familiare suscitando ed incrementando tra loro uno scambio emotivo vivificante e costruttivo, ma anche di modificare alcune parti dell’organizzazione familiare in modo da creare nuovi modi di relazionarsi e quindi anche nuovi equilibri. Nello stesso tempo il terapeuta cercherà di spezzare le rigidità all’interno della comunicazione rendendola più flessibile. Quest’approccio terapeutico, quando sono presenti anche dei conflitti coniugali, è molto utile per affrontarli, risolverli o almeno per limitarne i danni, che possono ricadere su ogni membro del gruppo familiare, specie sui suoi membri più giovani.

 La terapia inizia con una valutazione psicosociale della famiglia nel suo insieme. Lo specialista, chiarificando al gruppo la realtà familiare di essa e affrontando le disfunzioni relazionali ed esistenziali, lo aiuta ad esaminare queste disfunzioni in maniera serena e obiettiva, suggerendo i modi più opportuni per affrontarle e se possibile superarle. Ciò ottiene dissolvendo le barriere e i mascheramenti difensivi, la confusione e le incomprensioni, mentre nello stesso tempo si attiverà per dare sostegno affettivo, gratificazioni ed emozioni appropriate ad ogni elemento del gruppo. Il terapeuta inoltre, cerca di offrire a tutti i membri della famiglia nuovi modi di relazionarsi: più idonei e utili. Lavora sulle resistenze presenti, stabilendo un rapporto empatico tra i membri della famiglia e tra questi e lui stesso. Con il proprio modo di essere, offre una serie di sani modelli relazionali positivi. Nello stesso tempo sostiene e aiuta i membri della famiglia nel modo migliore per affrontare sia le paure sia i sensi di colpa. 

Una delle terapie familiari più moderne e attuali è quella intergenerazionale[6].

Questa terapia si fonda sull’idea che le storie individuali sono fortemente intrecciate con quelle delle generazioni precedenti. Pertanto per capire e aiutare il singolo individuo, bisogna necessariamente osservare e capire le generazioni precedenti. Per tale terapia ogni sistema familiare ha una propria identità culturale, che viene trasmessa alle successive generazioni attraverso i miti, i mandati familiari e i copioni che condizionano il suo presente. L’osservazione trigenerazionale cerca di ricostruire la trama intergenerazionale al fine di comprendere i nessi, i comportamenti e i vissuti attuali e i bisogni insoddisfatti del passato.

Anche se le terapie della famiglia possono essere effettuate in vari contesti, il loro luogo d’elezione dovrebbe essere il Consultorio Familiare, poiché in questo servizio la famiglia dovrebbe trovare un aiuto specializzato in un clima di rispetto e profonda empatia.

La consulenza familiare

Diversa dalla terapia della famiglia è la consulenza familiare, che viene effettuata da professionisti opportunamente formati che operano con delle metodologie ben precise seguendo gli orientamenti indicati dalla scuola di Carl Rogers[7]: non direttività, professionalità, globalità, interdisciplinarietà, relazione ricca di fiducia nei confronti delle capacità del cliente ed empatia con questi. Inoltre, utilizzando la non direttività la consulenza familiare riconosce e garantisce durante la terapia l’esclusione di ogni pressione ideologica e psicologica da parte del consulente nei confronti del cliente.

Un’ottima professionalità del consulente è importante per garantire al cliente quelle capacità di aiuto che questi si aspetta da parte di chi ha cura di lui. La globalità e la pluridisciplinarità permettono al consulente di osservare, accogliere e aiutare ogni persona che a lui si rivolge, tenendo conto di tutte le sue caratteristiche: sessuali, emotive, psicologiche, sociali, morali, relazionali ecc. Poiché la consulenza si pone come aiuto alla persona nella sua globalità, a questa persona sono riconosciute da parte del consulente le capacità di capire i suoi reali problemi e di compiere liberamente le proprie scelte con maturità e responsabilità; autodeterminandosi, nel momento in cui con l’aiuto del consulente ha compreso le sue problematiche più vere e profonde ma anche le possibili soluzioni.

Il rapporto di consulenza può certamente partire dal problema più urgente che in quel momento assilla il cliente, ma in seguito si dovrà ampliare a tutta la persona e anche a chi è a lui vicino.

La mediazione familiare

Un servizio alla coppia che si separa è dato dalla mediazione familiare, che ha lo scopo di aiutare la coppia ad elaborare la separazione e a riorganizzarsi come genitori, per continuare ad essere dei buoni educatori nei confronti dei figli[8].

Per Di Nuovo [9]: “Si ricorre alla mediazione quando ognuna delle parti non riesce a superare il proprio punto di vista, non ha fiducia nella buona fede dell’altra, non sa comunicare e gestire le emozioni in modo adeguato, altera la relazione fino a farla divenire irrimediabilmente conflittuale”.

Il mediatore è un professionista con una formazione specifica nella mediazione, negoziazione e gestione dei conflitti, con conoscenze approfondite in diritto, in psicologia e in sociologia, con particolare riguardo ai rapporti familiari e genitoriali. Questo professionista, cercando di essere equidistante e imparziale, ha il compito di facilitare la comunicazione della coppia, affinché i genitori stessi diventino capaci di decidere in maniera equa e funzionale sui tanti problemi che hanno ancora in comune: aspetti economici, gestione ed educazione dei figli, rapporti con gli altri parenti e così via. Gli obiettivi sono concordati e predefiniti già nei primi incontri ed il fine è quello di lenire la sofferenza e il disagio esistenziale della coppia ed aiutarla a trovare degli accordi solidi e costruttivi che tengano conto dei bisogni di ognuno di essi e di quelli dei figli.

Il mediatore familiare, facendosi carico degli aspetti emotivi e relazionali della coppia aiuterà questa a ben comunicare così da superare la rabbia, la delusione e il rancore che spesso sono presenti nei soggetti che si separano o divorziano, in modo tale che, senza litigare, possano recuperare rapidamente il potere decisionale e i valori educativi condivisi. In tal modo la coppia, con l’aiuto del mediatore, ha la possibilità di affrontare di volta in volta le tematiche più scottanti e difficili che creano in loro ansia, tensione e aggressività, come i problemi economici e le scelte educative e gestionali che si presentano durante la separazione.

Durante la mediazione familiare è inoltre possibile affrontare altri temi come il rapporto con i nonni, la rete parentale, la gestione delle vacanze, del tempo libero e così via. Il tutto dovrà essere effettuato da parte del mediatore familiare senza alcuna forzatura e con la garanzia della più assoluta imparzialità e riservatezza. Questo intervento è delimitato nel tempo: spesso sono sufficienti dieci incontri, ciascuno della durata massima di due ore – due ore e trenta.

Poiché detto servizio si attiva quando i coniugi hanno già deciso di separarsi o si sono separati, non ha come finalità specifica l’obiettivo del ricongiungimento dei due partner. Pertanto, non è una terapia di coppia e non è una terapia della famiglia. Un’eventuale terapia di coppia o familiare può procedere, affiancare o seguire la mediazione.

 La mediazione familiare non è una forma di assistenza legale. Quest’ultima rimane di pertinenza degli avvocati i quali, normalmente, interverranno dopo la mediazione, sulle questioni relative alla procedura della separazione o sugli aspetti economico-patrimoniali che la coppia avrà deciso di attuare. La mediazione familiare non è neanche una consulenza tecnica per i giudici. Pertanto, il mediatore non fornirà alcun genere d’informazione ai magistrati, agli avvocati o ad altre persone senza aver ottenuto prima il consenso delle parti interessate.


 

[1] Harding E., (1951), La strada della donna, Roma, Astrolabio, p. 236.

[2] Pirrone C.,  (2014), “Come dire: Ti prometto di essere fedele sempre”, Famiglia oggi,  n. 3, p. 57.

[3] Ackerman N. W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, pp.124-125.

[4] Ackerman N. W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, pp.124-125.

[5] Ackerman N. W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano p. 99.

[6] Framo J. L., (1996), Terapia intergenerazionale,  Raffaello Cortina, Milano.

[7] Rogers, C. R. (2000) La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho,

[8] Mazzei, D. (2002) La mediazione familiare, Milano, Raffaello Cortina Editore,

[9] Di Nuovo S. (2008), “Separazione e affido condiviso dei figli”, Psicologia contemporanea, 206, marzo – aprile.

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