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Paure e fobie nell'infanzia

14-09-2023 11:01

Emidio Tribulato

Problematiche Psicoaffettive, paure nell'infanzia,

Paure e fobie nell'infanzia

Un disturbo molto frequente che è bene saper riconoscere e affrontare.

 

 

Paure e fobie nell'infanzia

 

 

 

Le paure

La paura, anzi le paure, perché di solito sono più d’una, accompagnano l’essere umano dalla culla alla tomba, pertanto sono comuni sia nei bambini sia negli adulti. È un’emozione proiettata nel futuro, anche se determina effetti nel presente: si ha paura di ciò che accadrà o che potrebbe accadere.

Il Galimberti così la definisce: “Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica , di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga.”[1]

Pertanto nell’emozione paura c’è la percezione, non importa se reale o immaginaria, di una minaccia all’esistenza o all’integrità biologica dell’organismo proprio o altrui.

La paura è proporzionale al rischio al quale si è consapevoli di essere esposti: ciò vale a dire che la paura è in funzione del pericolo percepito e anche della propria vulnerabilità. Quando l’entità del rischio è sconosciuta, la paura è massima; quando invece è carica di presentimenti di morte, si definisce terrore.

La paura provoca delle risposte che vanno dal desiderio di eliminare o distruggere le circostanze o le persone che la provocano (condotte aggressive), alla fuga dalla situazione (condotte di evitamento), luogo o persona ritenuta minacciosa (oggetto o evento fobogeno).

Le fobie

 

Si parla di fobia quando l’ansia di fronte ad un oggetto o a un evento di cui si ha paura è notevole, opprimente e non può essere contenuta con argomenti razionali. Si parla di fobia, inoltre, quando vi è qualcosa che va al di là del controllo volontario, per cui è incontrollabile e invincibile e provoca un’attivazione emotiva sproporzionata rispetto alla situazione che il soggetto sta vivendo. La fobia porta a dei comportamenti di evitamento che, a lungo andare, limiteranno in modo drammatico il normale proseguimento della vita del minore.

Le fobie si distinguono dalle paure anche perché non scompaiono di fronte a una verifica della realtà.

Nelle fobie le reazioni fisiologiche atte alla difesa o alla fuga, che sono presenti anche nella paura, sono molto più intense, per cui si attiva rapidamente l’evitamento della situazione temuta, ad esempio mediante la fuga. Per tale motivo il soggetto che soffre di fobie prevede in modo accurato tutte le situazioni che lo possono mettere in ansia e le evita sistematicamente. Ciò comporta una limitazione della propria vita sociale, più o meno grave in base all’oggetto fobico.

Ad esempio l’adulto che ha fobia dell’aereo rischia di perdere tutte le possibilità lavorative e di svago che questo mezzo di trasporto permette. Il bambino che ha fobia della scuola rischia di perdere le opportunità culturali e socializzanti di questa istituzione.

Gli oggetti fobici possono essere numerosissimi e cambiare con il passare degli anni. Ci si può dilettare, quindi, a dare ad ognuno di questi il nome di origine greca più appropriato. Tutti gli oggetti, gli animali, le persone e le situazioni strane o comunque potenzialmente pericolose, possono far scattare una o più fobie.

A volte le fobie nascono da un cattivo rapporto avuto in passato con l’oggetto fobico e quindi si è rimasti traumatizzati da quel primo incontro o scontro; molte volte, invece, l’oggetto fobico viene investito da paure non legate ad alcuna esperienza traumatica specifica, non vi è, quindi, alcun collegamento razionale tranne che con dei vissuti profondi della persona, nei quali troviamo elementi di sofferenza e conflittualità.

 Tipi di fobie

Le fobie semplici o monosintomatiche sono generalmente scatenate da luoghi, oggetti, persone, animali o situazioni ben precisi e circoscritti: ad esempio una paura intensa o irrazionale dei serpenti, dei coltelli, dei luoghi alti, della polvere, dell’acqua, del volare, dell’altezza e così via.

Nelle fobie complesse o multisintomatiche vi èun sentimento di timore verso tutto e tutti per cui questo tipo di fobie sono molto invalidanti. Ad esempio l’agorafobia e la fobia sociale. Le fobie complesse, nel tempo, possono invadere zone sempre più ampie della vita di una persona e creare uno stato di allerta permanente.

 

Le paure nei bambini

Le paure infantili sono molto più frequenti e numerose di quelle presenti nell’adulto, in quanto il bambino, quando nasce, passa da una situazione intrauterina sicura e protetta ad una realtà avvertita “a rischio", in cui tutto gli è nuovo e sconosciuto. Egli non sa ancora di chi e di che cosa si può fidare e di ciò che può essere per lui fonte di pericolo. Poiché il piccolo si trova in una disposizione mentale di tipo proiettivo e animistico, il pericolo può nascere da ogni cosa e non solo da ogni persona.

Le paure sono molto più numerose nell’età infantile, in quanto, a quest’età, l’essere umano presenta una maggiore emotività, minore difese dell’adulto, ha una fisiologica carenza del giudizio di realtà e notevoli difficoltà a distinguere le paure che provengono dal mondo esterno, da quelle che nascono nel suo mondo interiore. In altri termini ha difficoltà a distinguere le paure vere, oggettive, da quelle false e soggettive. Per il bambino questa distinzione non esiste, e ciò che è interno può essere proiettato all'esterno e viceversa.

Le paure sono presenti in quasi tutti i bambini che, per motivi vari, soffrono di qualche problematica psicoaffettiva sia lieve, sia grave. Per tale motivo spesso ritroviamo paure nei bambini iperattivi come in quelli inibiti, nei bambini aggressivi come in quelli depressi. In maniera massiccia troviamo paure nell’autismo e negli altri disturbi pervasivi dello sviluppo.

In definitiva la vita di ogni bambino che, per qualunque motivo, ha molto sofferto o ancora soffre, è spesso accompagnata dalle paure. E anche se queste non sono direttamente manifeste, sono spesso presenti e fanno capolino dai suoi comportamenti, che spesso noi giudichiamo come puerili e sciocchi.

Tutte le paure sono avvertite maggiormente quando il bambino è solo, sono meglio vissute e contrastate quando egli è in compagnia dei genitori o di qualche familiare. È la presenza fisica dei genitori e, soprattutto, la presenza fisica della madre, che riesce meglio a scacciare le paure del bambino. È per tale motivo che egli, quando durante la notte è assalito dalle paure, si rifugia nel lettone dei genitori e rimane abbracciato alla sua mamma.

Paure fisiologiche e paure patologiche

Per valutare se una paura è fisiologica o patologica è necessario tener presenti alcuni elementi distintivi:

 

  1. L'età del bambino

Questo tipo di paura è o non è tipica per l’età del piccolo?

Se un bambino di uno–tre anni non vuole staccarsi dalla mano della madre o da una persona conosciuta, per andare tra le braccia di un estraneo, non si tratta certo di una paura patologica, in quanto, per un bambino di quest’età, tale comportamento è sano e naturale. In questo periodo del suo sviluppo è insita la diffidenza verso gli estranei, in quanto teme che possano fargli del male, mentre la fiducia è riposta solo verso persone perfettamente conosciute, con le quali si è stabilito un legame affettivo, particolarmente intenso e stabile. Ma se ciò avviene ad un’età maggiore: quattro–cinque anni, si può realisticamente dedurre che vi è qualcosa che turba l’animo di quel bambino.

Allo stesso modo se egli rifiuta o ha paura di andare all’asilo nido o prima dei tre-quattro anni nella scuola materna, per cui recalcitra, piange, e lamenta tutti i disturbi possibili ed immaginabili, pur di rimanere a casa, non è un bambino insicuro e pauroso, né tantomeno è un bambino capriccioso; egli reagisce in modo naturale e spontaneo ad una situazione che, per la sua età, è innaturale. Cosa diversa se lo stesso comportamento avviene in un bambino di cinque-sei anni. A quest’età possiamo razionalmente pensare che vi sia qualche problema nel bambino o nell’ambiente scolastico dove dovrebbe essere inserito, verso il quale vi è un ostinato rifiuto.

 

  1. Le sue caratteristiche 
     

Per capire se una paura è sintomo di una patologia psichica oppure no, dobbiamo chiederci se gli oggetti fobici sono quelli tipici di una determinata fase evolutiva oppure no. Sappiamo, ad esempio, che da zero a tre anni è presente la paura dell’abbandono, che però diminuisce per poi gradualmente scomparire dopo quest’età. Se questa paura si presenta a cinque-sei anni o ad un’età successiva, possiamo ragionevolmente sospettare che si tratti di una paura patologica.

  1. Il numero e la frequenza delle paure
     

Due altri elementi da considerare per giudicare se le paure che avverte il bambino sono fisiologiche o patologiche sono il numero e la frequenza delle sue paure. Dobbiamo chiederci: I timori del bambino in oggetto sono pochi o sono tanti? Essi si presentano raramente e solo in determinate circostanze o sono tanto frequenti da limitare la libera attività del piccolo e quindi gli impediscono una normale vita sociale? Ad esempio, il bambino ha solo paura del buio o accanto a questa vi sono anche le paure dell’acqua, degli insetti, di allontanarsi dai genitori ecc.? E questa paura del buio avviene solo occasionalmente, ad esempio quando sta male fisicamente, o quasi tutte le notti?  

  1. L'intensità dell'emozione

Queste paure quanto sono intense.? Sono talmente coartanti da limitare la sua autonomia, il suo spazio vitale, la sua possibilità di socializzazione in rapporto all’età, oppure il piccolo riesce a convivere abbastanza bene con questi timori?

  1. L’associazione con altri segnali di sofferenza

Un altro elemento importante che ci aiuta a discernere le paure patologiche da quelle fisiologiche, è l’associazione o non con altri sintomi. Se accanto alle paure vi sono altre manifestazioni di sofferenza interiore, come i disturbi del sonno, l’instabilità psicomotoria, i tic, le eccessive gelosie, i disturbi del comportamento o peggio, sono presenti altre manifestazioni che indicano una regressione nel bambino, l’attenzione dovrà essere notevolmente maggiore, che non se è presente solo quel tipo di sintomi.

I motivi per cui frequentemente il bambino non è in grado di descrivere o soltanto di comunicare i suoi timori verbalmente e apertamente, sono vari:

  •  essendo piccolo gli mancano i termini verbali necessari;
  •  si vergogna dei suoi timori e teme di essere deriso;
  •  le paure gli creano una tale ansia da paralizzare le sue capacità di esprimerle verbalmente;
  •  a volte le paure non sono ben definite.

Nonostante ciò non è difficile comprenderle dal comportamento del piccolo, il quale, davanti a persone, oggetti o situazioni particolari, si irrigidisce, piange, scappa o si rifugia nella sicurezza delle sua casa o ancor meglio nelle braccia di mamma e papà.

 

 Marco e Luisa riescono però a descrivere molto bene le loro paure.

La paure di Marco

 Marco, di sette anni, così le esprime:

“Le mie paure sono molte: la paura del buio quando sto solo, la paura degli insetti, e la paura quando mi trovo in serie difficoltà. Prima avevo altre paure, però ora mi sono passate ed erano le ombre, quando i miei genitori litigavano. Le ombre che vedo assomigliano a dei ladri che scambiano armi e che mi attaccano. Alcune volte vedo anche delle specie di ombre che si nascondono dietro la tenda”.

Le paure di Luisa

Luisa, di undici anni, così descrive le sue paure:

“Ho paura che i miei genitori mi abbandonino o muoiano, così come mia nonna e mia sorella. Mi viene una forte agitazione e non riesco a calmarmi e in quel momento ho paura di tutto. Ho paura di non riuscire a superare tutto questo. Provo delle brutte sensazioni: mi sembra di trovarmi in un labirinto dal quale non riesco più a uscire, poi questo labirinto si copre e lì muoio soffocata. Poi mi sembra che qualcosa di nero mi cada addosso. Ho paura perché vedo delle brutte cose. Ho paura che mia sorella non mi voglia bene, come anche i miei genitori e i miei nonni. Mi sento sola e ho paura di tutto. Ho paura di quello che vedo, di tutto quello che mi sta intorno. Vedo cose brutte dentro di me, che non riesco a cancellare: di gente morta che vuole uccidermi, che mi prende. Poi entro in un buco nero nel quale vedo brutte cose. Vedo gente morta che non conosco, in brutte condizioni che non so disegnare. Ho paura e se chiudo gli occhi è lo stesso. Tutto questo non riesco a levarlo dalla mente”.

Le cause delle paure

Secondo la concezione costituzionalistica vi sarebbero delle cause genetiche in quanto vi è una più elevata concordanza del disturbo nei gemelli omozigoti e una più elevata incidenza fra gli ascendenti e collaterali.[1]

Le indagini neurochimiche hanno messo in evidenza una disfunzione serotoninergica.

Le neuroimmagini suggeriscono una disfunzione dei circuiti striato-talamo-corticali.

Per la psicoanalisi le paure nascono quando sono presenti dei pensieri di tipo sessuale o aggressivo che vengono censurati. Questi pensieri minacciano di emergere dall’inconscio, per cui si attivano una serie di meccanismi di difesa che determinano lo spostamento dell’ansia, dalla pulsione temuta, verso un oggetto o una situazione esterna che presenta una qualche connessione simbolica con essa.

Dal punto di vista psicologico, la paura somiglia molto all’ansia, al punto che possiamo considerarle due facce della stessa medaglia, in quanto queste due emozioni hanno in comune la spiacevolezza ed il comportamento che ne consegue, il quale, per la maggior parte delle volte, è disorganizzato e teso alla fuga, cioè all’allontanamento da quanto temuto.

Sia l’ansia sia la paura sono due emozioni che i bambini manifestano abbastanza frequentemente, anche se per noi adulti è sempre piuttosto difficile differenziare e interpretare in modo “adulto” l’emozione da loro manifestata. Ci è facile comprendere la paura che nostro figlio può provare davanti ad un serpente che si agita vicino a lui o ad un cane che gli abbaia contro.

Quando invece il piccolo deve recarsi a scuola, dove trova insegnanti e compagni che conosce benissimo, o quando deve restare a dormire dai nonni o da solo nel suo lettino, mentre noi stiamo nella stanza accanto, non riusciamo a comprendere le cause del suo timore, per cui rimaniamo come interdetti chiedendoci: “Ma cos’è che lo terrorizza tanto?” E ancora: “Ma perché il mio bambino teme quello che gli altri non temono?”

In realtà le paure possono essere certamente legate ad un trauma specifico, dovuto all’elemento fobico, ad esempio la paura dei cani e dei gatti può essere sicuramente causata da un cane o da un gatto che ha aggredito o fatto del male al bambino.

Così come la paura del buio può essere stata causata dallo spavento provato dal bambino quando è inciampato ed è caduto in una stanza buia. Spesso però non vi è alcun collegamento tra la paura ed il trauma specifico, in quanto, frequentemente, le paure patologiche sono solo il frutto della sofferenza interiore del bambino.

Sofferenza dovuta ad un’educazione non idonea o ad un ambiente particolarmente disturbato, stressante o che presenta o ha presentato scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei bisogni affettivo-emotivi del bambinoLe paure possono nascere, inoltre, come contagio genitoriale e familiare: non è raro trovare nei genitori le stesse paure di cui soffrono i loro figli o paure simili.

 Purtroppo nella nostra attuale società, la sofferenza che viene fatta subire ad un bambino è notevole, in quanto, stranamente, la capacità di valutare correttamente ciò che egli può e deve affrontare per la sua normale e sana crescita e ciò che invece non è giusto, né corretto fargli sopportare, è notevolmente maggiore nelle società più semplici e primitive che non nelle società più evolute come la nostra.

È come se gli elementi culturali che sottostanno a queste capacità, elementi culturali che sono normalmente trasmessi da una generazione all’altra e da questa accettati e fatti propri, avessero subìto, nelle moderne società occidentali, come un arresto o una notevole deformazione. Ciò è dovuto a varie cause, tra le quali ricordiamo: l’individualismo; il soggettivismo; il relativismo; la conflittualità tra i coniugi; gli eccessivi impegni lavorativi e sociali richiesti ai genitori e soprattutto alle madri; l’ingordigia di denaro e di potere che stimola molti gestori dei mass-media a non tener alcun conto dei possibili, anzi probabili, danni causati ai bambini da parte di programmi televisivi e di videogiochi nei quali sono profusi a piene mani elementi paurosi, ansiosi e terrifici o comunque non adatti ad uno sviluppo sereno dei minori.

 In definitiva oggi, nonostante l’enorme diffusione della cultura dell’infanzia, capiamo e ci occupiamo molto meno e molto peggio dei bisogni del bambino rispetto a qualche decennio fa.

Inoltre, la totale libertà sessuale e sentimentale concessa ai giovani permette la procreazione anche a persone non idonee al ruolo di genitore, per cui molte paure sono trasmesse dai genitori ai figli, sia per imitazione, per cui genitori paurosi e ansiosi trasmettono i loro timori e le loro ansie ai figli, sia a causa di un ambiente particolarmente stressante e ansioso, poco o nulla confacente ad un sano sviluppo.[2]

Le paure in base all’età

Le paure fisiologiche sono molto frequenti verso i due –tre anni in quanto, affinché compaiano, è necessario che sia emerso nel bambino il sentimento di individualità. La frequenza delle paure cresce fino ai tre anni e decresce in seguito, mano a mano che la realtà si precisa e che l’adualismo diminuisce. Questo tipo di paure varia in base all’età:

Fra i due ed i quattro anni è comune la paura degli animali che si contorcono come i serpenti e gli altri rettili.
Nell’età prescolare , che va dai tre ai cinque anni, prevale la paure del buio, della notte, dei mostri e dei ladri. È di quest’età anche la paura del dottore e delle uniformi in genere. Soprattutto quando le troppe visite, i troppi esami, l’eccesso di terapie effettuate da persone sconosciute, in ambienti altrettanto anonimi e maleodoranti, poco si conciliano con la sensibilità accentuata dei piccoli.

Nell’età scolare che va dai sei ai dieci anni è spesso presente la paura degli animali. Specie dei grossi animali, come i cani di grossa taglia, i cavalli, i buoi.

Per quanto riguarda la dimensione degli animali, più si è piccoli più si ha paura di animali grossi: lupi, cani, estranei, fantasmi, orchi ecc. Più si è grandi più si ha paura di animali piccoli, ad esempio, topolini, scarafaggi o insetti fastidiosi.

Le principali paure

Le paure specifiche che invadono l’animo di un bambino possono essere numerosissime. Ne descriviamo solo qualcuna.

 

  Paura dell’abbandono 

Una delle prime paure è quella dell’abbandono del bambino da parte dei genitori. Questo timore, fisiologicamente, riguarda la fascia d’età che va da zero a tre anni. Ma se il bambino è ansioso e insicuro può estendersi anche ad un’età molto superiore a quella fisiologica.

Il timore di essere abbandonati, di perdere e non ritrovare i genitori è un’emozione comune ai piccoli di tanti animali. I pulcini si sentono sicuri solo se la chioccia con la sua ombra protettrice veglia su di loro. I gattini di poche settimane, anche se spavaldi, non si allontanano mai troppo dall’odore e dal calore della madre. Il motivo è semplice: se la madre è lontana vi è il rischio di non essere più curati e alimentati. Se la madre è lontana vi è il pericolo di essere sbranati e divorati da qualche altro animale in cerca di piccole prede indifese.

Poiché il piccolo dell'uomo rimane dipendente dai genitori e dagli adulti per un tempo molto superiore a quello dei cuccioli degli altri animali, egli avverte per molti anni il bisogno di avere accanto a sé non solo una madre, ma una coppia di genitori e, se possibile, anche uno stuolo di familiari e parenti. Questo bisogno è dovuto alla complessità dell’essere umano. Per il cucciolo dell’uomo ogni persona familiare è preziosa a causa dell’aiuto e del supporto che, in qualche momento della vita, questa gli può offrire. Dietro la paura dell'abbandono c’è, quindi, un'impronta chiaramente biologica, riguardante il benessere del bambino e la sua stessa possibilità di crescita sana ed equilibrata. Accanto a questa motivazione ritroviamo anche delle implicazioni psicologiche, in quanto, tra la madre umana ed il suo bimbo vi è un legame ed un rapporto molto intimo e particolare. La madre è per il figlio non solo fonte di benessere e sicurezza fisica, ma è anche fonte di benessere e sicurezza psicologica 

Se la madre si trova al primo posto, nell’ambito delle persone che possono dare sicurezza, subito dopo viene il padre e, successivamente, gli altri familiari: soprattutto i nonni e gli zii. Tutte queste persone sono per il bambino sorgenti d’amore e fiducia e, quindi, di sicurezza. Sono loro gli adulti capaci di rassicurare con lo sguardo, con le parole e i gesti. Sono loro gli adulti capaci di allontanare il dolore fisico e morale solo con un bacio. Solo loro lo amano immensamente.

 Paura dell’estraneo

 

Simile a questa è la paura dell’estraneo, la quale nasce fisiologicamente verso i sei – diciotto mesi. A quest’età il bambino riconosce bene la madre e il padre, per cui individua facilmente chi non è il proprio padre e la propria madre. Il bambino pertanto a quest’età, quando incontra una persona estranea la guarda con terrore, si volta e poi si tuffa tremante tra le braccia della madre o del padre, per richiedere protezione. La sua è, quindi, la paura di ciò che non è. Se è un viso familiare allora è qualcosa di buono, rassicurante, affidabile e sicuro. Se non è un viso conosciuto e amico, allora è qualcuno o qualcosa che può essere fonte di timore. A questo immaginario pericolo il bambino può reagire con angoscia, collera incontrollata, fuga, ma anche con comportamenti auto ed etero aggressivi.

 Paure delle punizioni affettive

 

Il bambino sa che la sua vita ed il suo benessere dipendono esclusivamente dai genitori. Uno dei suoi più grandi timori, è quello di non essere voluto bene da questi. Non essere amato significa rischiare di essere allontanato, abbandonato e lasciato a se stesso. Purtroppo questo rischio viene spesso paventato dai familiari per costringere il piccolo a ubbidire: “Se non lasci il tuo gioco e vieni subito a vestirti la mamma va via e ti lascia”. “Se continui a fare il monello ti metto in collegio”. “Se non impari a fare la pipì nel vasino la mamma non ti vuole più bene”. Queste paure sono anche alimentate dai programmi televisivi nei quali i fatti di cronaca che riguardano i bambini sono presentati in tutta la loro crudezza, ogni giorno, in tutti i canali televisivi, per diversi mesi, senza preoccuparsi minimamente del danno che si arreca ai minori.

  Paura degli spauracchi

Sempre con lo scopo di reprimere i comportamenti del figlio giudicati non idonei, per spingerlo ad una maggiore autonomia o per ottenere l’ubbidienza richiesta, i genitori fanno emergere altre paure, come quelle degli “spauracchi”. Queste sono entità misteriose che i genitori possono utilizzare per intimorire o punire il bambino: l’uomo nero, l’uomo con il sacco, il dottore, il babau.

 Paura del buio

Una delle paure più frequenti è la paura del buio. A causa di questa paura molti bambini temono di andare da una stanza all’altra, se questa non è ben illuminata, oppure, quando dormono, vogliono che vi sia sempre una lucetta accesa nella loro stanza, che scacci le ombre nere della notte.

Anche questa ha un’impronta biologica: con la luce i piccoli degli animali possono vedere tutto ciò che li circonda e se vi è un pericolo possono fuggire, mentre nel buio è più facile subire l’aggressione da parte di qualche predatore notturno. Per tale motivo agli occhi e al cuore del bambino, con il buio della notte, dietro ogni angolo, ogni porta, ogni tenda, ogni finestra, può nascondersi un elemento di rischio e pericolo. Nel buio si muovono i ladri e gli assassini. Con il favore delle tenebre sono attuate le imprese più turpi. Ma, soprattutto, con il buio sono facili le illusioni terrifiche, per cui le ombre possono assumere la veste di diavoli, streghe, orchi, maghi cattivi e draghi, come possono trasformarsi nell’uomo nero, di cui parlano mamma e papà.

 La notte è anche un momento di separazione dal calore, dall’abbraccio, dall’odore, dallo sguardo dei genitori. Nella notte si è affidati, con il sonno, ad un mondo fantastico, sconosciuto, sempre diverso e non direttamente gestibile dal bambino: mondo, dunque, per suo natura pericoloso ed infido.

La paura del buio si presenta più acuta e frequente nel nostro attuale momento storico giacché, quando il bambino si sveglia durante la notte, non ritrova, come avveniva nelle piccole tende o nelle povere case del passato, i suoi genitori o almeno qualcuno dei suoi molti fratelli e sorelle. Spesso accanto a lui trova solo pupazzetti inerti, incapaci di accoglienza e conforto, mentre mamma e papà si trovano in un luogo per lui lontanissimo: in un’altra stanza! Pertanto egli non può fare affidamento, per avere una maggiore sicurezza, sull’odore della madre o del padre o sul loro corpo caldo, morbido e accogliente. Inoltre, purtroppo sempre più spesso, il suo addormentamento è oggi preceduto non dalle tenere favole raccontate dal papà o della mamma, mentre lo tengono fortemente abbracciato a sé, ma dalle immagini crude e spesso violente e fredde che provengono dalla tv o dalle guerre e dai combattimenti contro i mostri dei videogiochi che ha appena lasciato. Mostri “che possono essere sì distrutti con il cannone o la pistola laser” ma  “che possono anche colpirti improvvisamente, senza che tu te l’aspetti e divorarti in un solo boccone!”

  Paura dei rumori forti

Un’altra paura molto frequente è quella dei rumori forti: tuoni, bombe, schiamazzi improvvisi, grida, giochi d’artificio. Anche questa paura è facilmente comprensibile sul piano biologico. Un ambiente silenzioso viene avvertito da tutti gli animali, e anche dal piccolo dell’uomo, come un ambiente pacifico e tranquillo, mentre un ambiente rumoroso, che di solito si manifesta quando un altro animale si lancia sui cuccioli per sbranarli, viene avvertito come carico di pericoli e minacce.

  Ansia e fobia sociale

Il bambino timido prova ansia sociale quando deve fronteggiare o parlare con altre persone: egli manifesta il suo disagio mediante l’evitamento. Per tale motivo, ad esempio, il bambino timido chiede che siano mamma e papà a chiedere all’edicola se è arrivato il suo giornaletto preferito. Allo stesso modo trema quando deve esporsi in pubblico, come avviene nelle recite di fine anno. In questi casi non è difficile che punti i piedi e si rifiuti di uscire da dietro il sipario del teatrino, nonostante conosca benissimo la sua particina. L’ansia sociale compromette aree cruciali del funzionamento dell’individuo e può procurare gravi ripercussioni sull’autostima e sul senso di autoefficacia, con il rischio di sviluppare una depressione secondaria. A differenza dell’adulto, il bambino con ansia sociale anche se comprende l’origine della sua ansia, non riconosce che la sua paura è eccessiva e irragionevole. Questa sua difficoltà può diminuire con il tempo, per cui il bambino, acquisendo una maggiore sicurezza, è facile che riesca ad affrontare le stesse situazioni imbarazzanti senza alcun problema.

Lo stesso non avviene quando è presente la fobia sociale. In questi casi si ha intensa e persistente paura che gli altri possano umiliarci o avere un giudizio negativo nei nostri confronti. E poiché questa fobia che riguarda le situazioni sociali o prestazionali che possono creare imbarazzo è marcata, irrazionale e persistente, più i genitori spingono il bambino ad attuare dei comportamenti che gli creano ansia, più questa difficoltà si accentua.

La paura sociale si traduce in un’eccessiva timidezza di fronte alle persone poco note, mediante il rifiuto di partecipare ai giochi di gruppo, ma anche di andare in luoghi, come la scuola, dov’è necessario rapportarsi e confrontarsi con adulti e coetanei che possono mal giudicare il bambino.[3]  Tra ansia sociale e fobia, così come con tutti i sintomi di sofferenza non vi sono delle nette separazioni ma vi è un continuum di gravità. Dice la * De Acutis (2009, p. 609):

“Si osserva l’esistenza di un legame tra le due condizioni che permetterebbe di delineare un continuum tra normalità e patologia nell’ambito dell’ansia sociale, che sottende il timore di essere giudicati negativamente dagli altri sia rispetto alle proprie qualità che alle proprie performances, all’interno di specifici contesti sociali”.

  Paura dei visi deformati

 Questa paura insorge quando si para innanzi al bambino un volto deformato, rispetto all’usuale forma del viso umano. Può suscitare paura la barba folta e incolta di Babbo Natale o il naso e la bocca, enorme e rossa dei clown, che contrasta con il pallore del loro volto. Allo stesso modo può creare paura il volto di un vecchio o di una vecchia, che presenta un aspetto molto cadente. Anche in questo caso il timore nasce da una realtà diversa da quella solita alla quale il bambino era assuefatto. Il volto della mamma e del papà è giovane e bello, mentre tutto ciò che appare deformato appare brutto e crea timore.

  Paura dell’acqua

In genere i bambini amano l’acqua e si trovano a proprio agio nel mondo liquido, sia del mare che della propria vaschetta. Pertanto questo tipo di paura è facile che nasca da esperienze frustranti avute: come ad esempio, a causa di qualche onda del mare che abbia per qualche momento sommerso il piccolo o per qualche comportamento poco attento e accorto avuto dalla madre nel momento del bagnetto. Per tale motivo, proprio perché il bambino ama istintivamente l’acqua, se non sono presenti validi motivi scatenanti, come quelli che abbiamo appena descritto, questo tipo di paura rivela una notevole tensione e ansia nell’animo del piccolo, dovuta a problematiche più profonde.

  Paura della morte

Una paura frequente è quella che possa capitare qualcosa di gravemente nocivo a se stesso, ai propri genitori o alle persone a lui vicine e molto amate: come subire ferite, traumi o, peggio, che vi sia la possibilità che queste persone possano morire. Il bambino, a causa della sua dipendenza dagli altri, per molti anni si trova costantemente in una situazione di impotenza e fragilità. Ciò può spiegare questo tipo di timore, il quale, anche se non sempre è espresso verbalmente, si può manifestare in vari modi e con varie richieste: di non essere lasciato solo durante l’addormentamento, di non andare a scuola, di non recarsi senza i propri genitori alle feste e così via. In questi casi, e in casi simili, il bambino ha timore che nella sua assenza i genitori possano morire o farsi molto male o che la stessa disavventura possa accadere a lui, se privato della cura e dell’immediato intervento di mamma e papà.

Una radiocronaca per sconfiggere la paura

Francesco, figlio di genitori di ottimo livello sociale, il quale era vissuto in un ambiente difficile a causa dei tratti ossessivi del padre e dell’ansia materna, quando giunse alla nostra osservazione presentava numerose paure che gli impedivano una normale vita sociale.

Tra queste, sicuramente le più gravi erano quelle che si riferivano ai propri genitori: aveva paura di lasciarli e quindi si rifiutava di andare a scuola, perché ciò poteva comportare  non vederli più ed  essere abbandonato. Contemporaneamente però, nei suoi disegni e nelle storie che costruiva, vi era il desiderio di allontanarsi da loro e dai loro comportamenti psicologicamente oppressivi e ansiosi, recandosi  addirittura in paesi e città straniere. Nel corso della terapia queste paure si modificarono gradualmente fino ad assumere sconcertanti aspetti protettivi, probabilmente dovuti a sensi di colpa, nei confronti di papà e mamma. Ad esempio, quando il padre andava al lavoro, era costretto, durante tutto il tragitto, a parlare con il figlio con il cellulare inserito nel casco della moto, per rassicurarlo di star bene e di non essere incappato in qualche incidente. Il papà, durante il tragitto tra la casa e il luogo di lavoro, era costretto ad effettuare come una radiocronaca di tutto ciò che succedeva lungo la strada: dove si trovava, cosa accadeva attorno a lui in quel momento, e come si sentiva. Ma anche quando era in ufficio, per un bel pezzo doveva tenersi in contatto con il figlio, raccontando minuziosamente ogni attività intrapresa. Solo quando il bambino riacquistò una buona serenità, mediante la modifica del suo ambiente di vita unito alla psicoterapia individuale, riuscì ad accontentarsi di un semplice saluto, quando il padre partiva dalla sua casa e quando, sano e salvo, arrivava in ufficio.

Interventi

 

  •  Intanto per poter capire se si tratta di una paura fisiologica o patologica, ma anche per accertare se quello che manifesta il bambino è solo paura o si tratta, invece, di una vera fobia, è spesso necessario il parere di un neuropsichiatra. Questi cercherà le possibili cause ambientali di tale sintomatologia e valuterà anche se vi è la compresenza di altri sintomi che possono chiarire meglio il quadro complessivo.
  •   È molto utile ascoltare quello che prova il bambino e le motivazioni che egli dà delle sue paure. Altrettanto importante è permettergli di esprimere i suoi bisogni e le sue emozioni attraverso il disegno, i racconti e mediante il gioco libero autogestito. In tal modo egli potrà liberarsi da questi timori, traducendoli in immagini, in racconti, in giochi e comportamenti.
  •   Mentre siamo impegnati a cercare e poi ad eliminare, o perlomeno a ridurre, ogni atteggiamento e comportamento che potrebbero essere causa del suo malessere e dei suoi timori, è bene evitare assolutamente di trattare con sufficienza le sue paure, o peggio di deriderlo per quanto egli prova. Questi incongrui comportamenti non farebbero che accentuare la sfiducia del bambino negli altri, mentre nel contempo potrebbero provocare un’ulteriore diminuzione della sua autostima. Come dice Bettelheim:[4] “Il genitore che non accetta le nostre paure è fuori e quindi non riesce a consolarci, quello che li accetta è vicino a noi”.
  •   Poiché, come abbiamo detto, i sintomi sono il modo con il quale il bambino manifesta la sua sofferenza o si difende da questa, è bene rispettare le paure del bambino evitando di forzarlo ad affrontare bruscamente una situazione che teme, anche perché la paura ha una grossa componente di irrazionalità. È molto meglio aspettare che il bambino abbia acquisito una maggiore serenità prima di affrontare gradualmente le situazioni temute.
  •   Giacché una delle cause delle paure è data dal contagio genitoriale o familiare, è importante che i genitori limitino al massimo le loro ansie e le apprensioni, sia per le attività didattiche del figlio, sia per i piccoli problemi di tipo medico o familiare, in modo tale da non contagiare e coinvolgere il bambino con le proprie paure di adulto. Pertanto è bene non farsi influenzare dai frequenti e numerosi allarmi che provengono dai mass media. Allarmi che stimolano i genitori ad effettuare frequenti raccomandazioni al bambino, al fine di evitare improbabili pericoli. Il rischio è che l’eccessiva protezione attuata nei suoi confronti gli faccia credere che la natura, il mondo, gli altri, tutto ciò che lo circonda, può essere fonte di pericolo (immagine del mondo deformata in senso negativo).

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -Volume unico

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