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Gioco libero autogestito - Le domande più frequenti da parte dei genitori.

03-08-2023 16:02

Emidio Tribulato

Terapie, Gioco libero autogestito,

Gioco libero autogestito - Le domande più frequenti da parte dei genitori.

Molte domande ma anche molte risposte per comprendere la tecnica del Gioco Libero Autogestito

 

 

Abbiamo raccolto, in questo articolo, alcune delle domande più frequenti che, in questi anni, ci sono state rivolte dai genitori, per quanto riguarda le caratteristiche e le modalità con le quali utilizzare la tecnica del Gioco Libero Autogestito.[1]

D.: “Che significa Gioco Libero Autogestito?”

R.: Sappiamo della grande importanza che ha il gioco nello sviluppo della personalità e delle capacità di tutti gli animali e, in particolar modo, la grande valenza che ha nello sviluppo dei piccoli degli esseri umani: i bambini. 

Il gioco negli esseri umani è:

Piacere. Il bambino gode di tutte le esperienze fisiche e affettive vissute durante il gioco.

Strumento di esplorazione e conoscenza. Il gioco è esplorazione delle emozioni e dei sentimenti. È conoscenza del proprio corpo e del corpo degli altri, degli oggetti inanimati, del mondo che lo circonda e della natura.

Stimolo allo sviluppo motorio e intellettivo. Mediante il gioco il bambino stimola e sviluppa il suo pensiero, la progettualità, l’agilità, la forza, la memoria, la coordinazione occhio-mano, la spazialità, e così via.

Veicolo privilegiato di comunicazione e socializzazione. Con il gioco il bambino allarga il contesto delle sue relazioni; apprende a comunicare più efficacemente con gli altri coetanei, ma anche con gli adulti. Mediante la comprensione del punto di vista di chi ha di fronte, diventa consapevole dei suoi sentimenti e dei suoi bisogni. Impara l’importanza delle regole e la loro accettazione. Il gioco allarga i primi scambi sociali del bambino con gli adulti e, fino ai tre anni, è la sua sola modalità relazionale.

Mezzo per lo sviluppo della creatività e della fantasia. Mediante oggetti semplicissimi: qualche legnetto, poche pietre, un po’ di fango, oppure mediante una matita e qualche foglio, uniti a tanta immaginazione e inventiva, il bambino riesce a costruire mille favole e infinite storie, nelle quali si muovono eroi e principesse, draghi e macchine volanti, robot e armi spaziali. 

Contatto e controllo delle proprie emozioni. Giocando con gli altri il bambino riconosce la gioia della vittoria, il sapore bruciante della sconfitta, il calore dell’amicizia, dell’affetto e dell’amore. Impara ad affrontare i piccoli contrasti e le tensioni che si avvertono nel rapporto con sé stessi e con il prossimo. “Allorché assume la veste di gioco simbolico, drammatico, di ruolo e di finzione assolve, attraverso rituali iterativi e meccanismi di identificazione e di proiezione, ad una preziosa funzione liberatoria e terapeutica, esorcizzando paure e angosce e liquidando impulsi aggressivi, distruttivi e vissuti di ostilità”(Nobile, 1994, p. 52).

Palestra per l’autonomia personale e sociale. È anche mediante il gioco che il bambino acquista fiducia in sé stesso e negli altri e quindi impara a fare a meno dell’aiuto e del supporto continuo dei genitori nei suoi bisogni quotidiani.

Occasione per la sua formazione morale e civile. Nel gioco di gruppo, governato da regole fisse e cogenti, il soggetto impara a osservare le norme, a improntare il proprio comportamento a principi di lealtà, di correttezza e di rispetto per l’avversario. Apprende a testimoniare atteggiamenti di fedeltà al proprio gruppo o banda. Riconosce l’importanza dell’avvicendamento, della cooperazione, della distribuzione dei compiti, della turnazione. Tutte queste acquisizioni confluiscono nel più ampio capitolo della formazione dell’uomo e del cittadino.

Terapia. Il gioco consente al bambino di risolvere in forma simbolica problemi irrisolti del passato, e di far fronte simbolicamente o direttamente a problemi attuali e costituisce, inoltre, lo strumento più importante in suo possesso per prepararsi ai suoi compiti futuri (Bettelheim 1987 p. 214-215). “I giochi che i bambini fanno spontaneamente possono davvero essere terapeutici, come quando, per esempio, si prendono cura della bambola o dell’orsacchiotto di pezza, o di un animale domestico come vorrebbero che i loro genitori si curassero di loro, compensando così, per interposta persona, le carenze che avvertono” (Bettelheim 1987 p. 213). O quando scaricano la loro aggressività nata dalle ingiustizie subite dagli adulti, sulle innocenti formichine o sulla bambolina disubbidiente.

Occasione per rafforzare la volontà. Molti giochi di pazienza, di costruzione, competitivi, di squadra, rafforzano la volontà, plasmano il carattere, servono anche ad instaurare un progressivo controllo sulle proprie emozioni e pulsioni.

Opportunità per recuperare un contatto con la natura. Il rapporto diretto con la natura è fondamentale nello sviluppo dei minori, come degli adulti. Per milioni d’anni l’essere umano si è sviluppato attraverso il contatto con i fiori e i frutti delle piante, con la vivacità e l’amore degli animali, con le acque dei fiumi e dei ruscelli.

Vi sono vari tipi di gioco:

Nei giochi guidati un adulto stimola e segue il bambino in un determinato gioco che pensa possa essere a lui utile. 

Nei giochi liberi sono i bambini che si organizzano nel costruire e condurre il gioco, dandosi delle regole.

Nel Gioco Libero Autogestito è il bambino stesso che decide quale gioco effettuare, chi avere come compagno di gioco, per quanto tempo farlo, con quale altro gioco sostituirlo. È sempre il bambino che decide se accettare a no l’aiuto dell’adulto nel gioco o nell’attività che egli, in quel momento, desidera effettuare. L’adulto ha il compito di collaborare, aiutare e sostenere il bambino nel suo gioco, qualunque esso sia, tranne che non crei un pericolo immediato, reale e concreto per il bambino stesso o per altri. Naturalmente l’adulto deve fare ciò non come un compito ingrato che gli è stato dato ma con la gioia, il coinvolgimento e l’entusiasmo con il quale parteciperebbe un altro coetaneo ma anche un padre o una madre che vivono come piacere il rapporto con il proprio figlio.

D.: “Perché dovrebbe essere molto utile questo tipo di gioco per i bambini che soffrono di autismo”

R.: I motivi sono essenzialmente tre:

  1. Il primo è che i bambini con sintomi di chiusura autistica, a causa dei loro problemi, molto spesso non riescono ad inserirsi in maniera adeguata con i coetanei. Questa difficoltà li priva di uno strumento fondamentale, anzi indispensabile per la loro crescita. 
  2. Il secondo è che questi bambini, a causa del cattivo rapporto che hanno con il mondo esterno a loro, non sopportano e non accettano che gli altri, non solo scelgano il gioco o l’attività da effettuate ma ancor più li guidino, senza tener conto dei loro particolari desideri e bisogni del momento. Questo comportamento degli adulti li irrita notevolmente, costringendoli a mantenere la difesa arcaica che essi avevano attuato, chiudendosi agli altri e al mondo fuori di loro. 
  3. Il terso motivo nasce dal bisogno che rimane nell’animo di questi bambini di voler abbandonare la loro chiusura e difesa autistica. Essi avvertono. Infatti, che questa difesa non solo impedisce loro di crescere ma soprattutto impedisce loro di godere delle relazioni con gli altri. Tuttavia, sono inconsciamente consapevoli che gli è possibile fare ciò soltanto se riusciranno a legarsi, in maniera piacevole, gioiosa e duratura con i loro genitori e con gli adulti che li hanno in cura. In definitiva sono disposti ad abbattenere il muro difensivo, che avevano creato in un momento di stress eccessivo, solo se riescono a trovare dei genitori capaci di instaurare con loro una relazione notevolmente piacevole, solida ed efficace. Una relazione che tiene in massimo conto il loro benessere psicologico, in definitiva una relazione capace di sostituire nella loro mente e nel loro cuore le emozioni negative che avvertono con altre che abbino caratteristiche nettamente piacevoli e positive. 

D.: Lei usa il termine “sintomi di autismo”, “bambino che presentano chiusura autistica, chiusura in se stessi”, mentre ho letto su internet che gli altri operatori usano termini diversi, come “bambini con disturbo dello spettro autistico” oppure “bambini autistici”, “bambini neurodiversi”. Questi operatori si riferiscono a bambini che hanno patologie diverse per qualità o gravità?

R.: No. Parliamo tutti degli stessi bambini. Soltanto che alcuni ritengono che le cause dell’autismo siano di tipo genetico e di conseguenza considerano l’autismo come una variazione naturale del cervello umano, una forma alternativa della biologia umana. Pertanto, la condizione autistica non sarebbe per questi operatori una situazione da prevenire e curare, quanto piuttosto una specificità umana da accettare così com’è. Altri considerano l’autismo una patologia organica da curare mediante varie terapie: logoterapie, psicomotricità, ABA e altre terapie cognitivo comportamentali. 

Noi consideriamo l’autismo come un importante disturbo affettivo – relazionale, che nasce da una difesa arcaica e improduttiva: appunto la chiusura in se stessi”, che è possibile curare instaurando con questi bambini una particolare relazione, capace di far abbandonare loro la chiusura, che si erano imposti, a causa di un evento o una situazione particolarmente traumatica, stressante o ansiosa, avvenuta in un determinato momento della loro vita. 

D.: Questa tecnica è possibile solo nei casi di autismo lieve o anche nei casi più gravi?

R.: L’efficacia terapeutica del Gioco Libero autogestito non dipende tanto dal bambino, quanto dagli adulti e in particolare dai genitori. Se questi riescono, con piacere e gioia, a mettersi in ascolto del proprio bambino, riuscendo a costruire con lui e poi a mantenere, una relazione efficace, cioè una relazione particolarmente affettuosa, allegra, piacevole, che tiene nel massimo conto i bisogni psicologici del figlio, si otterranno dei risultati ottimali. Se invece non riusciranno a fare ciò. Se continueranno a pensare di educare il proprio figlio, correggendolo per ogni suo comportamento giudicato non idoneo, se cercheranno di insegnarli a parlare o ad apprendere ciò che non sa, se il giocare con il proprio figlio sarà per loro un’attività noiosa e gravosa alla quale, se potessero, si sottrarrebbero volentieri, l’efficacia sarà minima.  

Detto questo, è logico che più la sintomatologia è grave, più l’età del bambino è avanzata, più tempo ci vorrà e più sarà difficile ottenere una completa remissione della sintomatologia. Tuttavia, il risultato finale dipende soprattutto dall’impegno e dal coinvolgimento dei propri genitori. 

D.: Al mio bambino non è stata fatta diagnosi di autismo. Questa tecnica è utile anche se il bambino presenta soltanto un ritardo nello sviluppo del linguaggio e qualche difficoltà nella socializzazione e nell’integrazione con i coetanei? 

R.: Certamente. In questi casi, essendo le problematiche psicologiche del bambino poco gravi, il recupero del linguaggio e delle altre capacità, non perfettamente adeguate all’età, avverrà in un tempo molto minore.

D.: Lei spesso parla dei genitori al plurale. È indispensabile l’impegno di entrambi i genitori”.

R.: L’impegno di entrambi i genitori è auspicabile, giacché le persone più vicine è più amate dal bambino sono entrambi i genitori. Per il bambino vedere papà e mamma che giocano con lui gli dà un senso di sicurezza notevole. Pertanto, se papà e mamma si impegnano nel Gioco Libero Autogestito la sua efficacia aumenta molto.   

D.: Spesso il mio bambino va per conto suo a fare il suo gioco ripetitivo, con una macchinina che striscia avanti e indietro sul pavimento o con un martelletto che picchia terra e non ha nessun interesse a giocare con me. Cosa devo fare in questo caso?

 R.: Non bisogna mai inseguire o stimolare il bambino a giocare con noi. Deve essere lui ad accettare la nostra presenza ma anche a proporre il gioco o l’attività da effettuare. Tuttavia, se mediante l’ascolto dei suoi bisogni riusciamo a costruire ai suoi occhi un’immagine positiva di noi, abbiamo potuto constatare che questi bambini sono sempre felici di accettare l’adulto come compagno di gioco. Per cui, anche se il bambino effettua un’attività stereotipata, questa può essere trasformata in un gioco da fare in due o in tre, se l’adulto o gli adulti si lasceranno coinvolgere nel partecipare al gioco semplice e banale che fa il bambino. Nel suo caso, ad esempio, se anche lei prende una macchinina e la fa andare avanti e indietro, manifestando gioia e partecipazione a ciò che fa il suo bambino, potrebbe nascere un gioco, nel momento in cui, ad esempio, le due macchinine, si scontrano, si mettono una sull’altra, fanno una gara, e così via. Lo stesso se anche lei prende un martelletto e accompagna il suo piccolo battendolo a terra, può nascere una piacevole musica ritmica costruita insieme. “Insieme” questa è una delle parole magica del Gioco Libero Autogestito. Le altre parole magiche sono “piacere” “gioia” “coinvolgimento” “entusiasmo” che dovrebbero sempre accompagnare i momenti di Gioco Libero Autogestito. 

D.: “Come si fa a costruire un’immagine positiva?”

R.: È possibile farsi accettare e poi amare se, nei fatti, e non solo con le parole, si riesce ad ascoltare e tener conto dei bisogni del proprio figlio e non dei propri. Si costruisce un’immagine positiva se si riesce a capire e soddisfare i bisogni del proprio bambino, in ogni momento della giornata, per cui ci si impegna nel far diminuire quanto più possibile la sua sofferenza interiore, fatta di tensione, ansia, insicurezza, paure, sfiducia. Si costruisce un’immagine positiva se si accetta che ciò di cui lui ha veramente bisogno non sono gli stimoli educativi, per cercare di migliorare questo o quel disturbo di cui soffre, questo o quel “comportamento problema” che ci disturba, ma ci si impegna, in tutti i modi nel rasserenare il suo animo e la sua mente. 

D.: “Che senso ha, se questi bambini non sanno parlare, se non sono assolutamente autonomi, se non sanno come relazionarsi e socializzare con gli altri, limitarsi a collaborare con loro a dei giochi che, almeno per me, sono sciocchi e ripetitivi, mentre potrebbe essere per loro molto utile insegnargli a parlare e a comportarsi adeguatamente nelle varie circostanze sociali nei quali si troveranno a vivere?”

R.: Questo è l’errore più comune ma anche il più grave che si commette. Questi bambini non hanno bisogno che qualcuno insegni loro a parlare o a compiere, o a non compiere determinati comportamenti. Hanno bisogno che qualcuno, meglio se un genitore, riesca ad instaurare con loro una relazione talmente intima, profonda ed empatica che li convinca ad abbandonare la chiusura che si erano imposti per difendersi dall’ansia, così da aprirsi al mondo e agli altri.  Se si ottiene ciò, la loro personalità, che si era come congelata e rattrappita nel momento in cui avevano deciso di chiudersi al mondo, può riprendere a crescere e svilupparsi, così come avviene in tutti i bambini. Al contrario, presentarsi nei loro confronti con il ruolo di insegnanti che vogliono da loro determinate risposte o comportamenti, li spinge a rimanere nello stato di chiusura autistica, poiché non si sentono compresi nei loro veri bisogni, che sono quelli di ritrovare piena fiducia nel mondo che li circonda. 

D.: Il mio bambino fa delle cose senza senso, come mettere tutti i giocattoli uno sull’altro. Mi sembra un comportamento assurdo. Come mi devo comportare in questi casi?

R.: Nel mondo della tecnica del Gioco Libero Autogestito non vi sono comportamenti assurdi o senza senso. Tutti i comportamenti nascono da un’esigenza interiore che il bambino ha in quel determinato momento. Pertanto, se i giochi o le attività del bambino non comportano un reale e importante rischio per lui o per gli altri, questi comportamenti dovranno essere pienamente capiti e accettati. Anzi possono e devono diventare un’occasione di gioco. Ad esempio, in questo caso l’adulto può mettersi accanto al bambino e partecipare al suo gioco o bisogno, dando i giocattoli che trova nella stanza al piccolo affinché li metta uno sopra l’altro. E se dopo aver fatto questo gli piace farli cadere e sparpagliarli sul pavimento o buttarli in aria, ben venga anche questo gioco, da fare ridendo e saltando insieme.  

D.: Il nostro bambino distrugge i suoi giocattoli, tra i quali qualcuno è pure costato molto. Cerca di strappare le varie parti con le mani, li percuote con forza l’uno contro l’altro o addirittura li morde. Come fermarlo in questa opera distruttiva.

R.: Sappiamo che i bambini con sintomi di autismo presentano, a causa delle tante emozioni negative che avvertono nel loro animo, una grande sofferenza interiore. Sappiamo anche che la sofferenza, molto spesso si trasforma in aggressività verso sé stessi o verso gli altri. Per tale motivo è indispensabili lasciare che questa emozione negativa possa essere sfogata anche con comportamenti distruttivi. Pertanto, anche in questo caso, il bambino non solo non va rimproverato, punito o bloccato ma va assistito e aiutato nel dare sfogo al suo bisogno, in maniera serena e comprensiva, standogli vicino, senza intervenire in alcun modo per reprimere i suoi comportamenti, e senza manifestare il nostro disappunto per questi suoi atti aggressivi e distruttivi. 

D..: Lei parla di sofferenza ma io non vedo che il mio bambino soffra. Anzi mi sembra sempre allegro e sorridente. Come mai?

R.: Tutti i bambini, ma questo comportamento lo ritroviamo anche gli adulti, cercano in tutti i modi di non manifestare la loro sofferenza e di apparire così come vorrebbero essere o come gli altri desidererebbero che fossero. Tuttavia, raccogliendo le loro parole nel momento in cui sono migliorati e riescono a confidare e raccontare i loro vissuti interiori, è sempre evidente che nel loro animo vi è tanta, tanta sofferenza, fatta di ansia incontrollabile, paure, sfiducia in se stessi e negli altri. 

D.: Mia figlia non riesce a giocare con il suo fratellino. E questi, a sua volta la allontana. Come riuscire a farli giocare insieme, così come noi vorremmo tanto?

R.: Le capacità di socializzare e giocare con un altro bambino, sono le più difficili da conseguire, anche se spesso sono molto desiderate, sia dai genitori sia dai bambini stessi. Queste capacità si acquistano soltanto quando il bambino, che ha dei problemi, riesce già a giocare e a ben relazionarsi, sia con entrambi i genitori che con gli altri adulti della sua famiglia, ad esempio con i nonni e gli zii. Solo a queste condizioni si potrà provare a far giocare per qualche minuto il proprio figlio/figlia con un solo bambino/a con il quale si è notato che esiste una buona intesa. E, soltanto dopo, si potrà allargare l’area della socializzazione, aggiungendo un altro bambino ancora. 

In campo psicologico non sono ammesse scorciatoie. Solo se il bambino ha conquistato una fase evolutiva, potrà iniziare a conquistare la fase successiva. L’errore che si commette in questi casi è pensare che basta mettere i bambini insieme, perché scatti in loro la capacità di socializzare. Questo non solo non corrisponde alla realtà ma può accentuare, nel bambino con sintomi di autismo, il suo bisogno di chiusura. Poiché il piccolo potrà dirà a sé stesso: “Ecco ho provato ad aprirmi agli altri ma non ci sono riuscito, io valgo poco ma anche gli altri che non mi accettano sono cattivi. È meglio che continui a restare ben chiuso nel mio guscio”.

D.: Non riusciamo a dormire da quando Giovanni il nostro bambino di tre anni ha l’autismo. A volte si sveglia e parlotta tra sé a voce alta, senza che si capisca nulla di quello che dice; altre volte gridando chiede delle cose insensate, come vestirsi e uscire, oppure andare dalla nonna alle due di notte! E così via. Come ci dobbiamo comportare, prima che la mancanza di sonno ci distrugga?

R.: I disturbi del sonno sono direttamente collegati ai vissuti interiori e alla immaturità affettiva di questi bambini. Nel momento in cui sarete riusciti a rendere libero il vostro bambino dalla chiusura autistica, aumenteranno le ore di sonno notturno e, soprattutto, diminuiranno, le paure, le ansie e le esigenze particolari che rendono difficile e penosa la loro notte e, di conseguenza, anche quella di voi genitori. 

D.: Dato che mio figlio ha un ritardo nello sviluppo del linguaggio, gli faccio vedere molti video e programmi televisivi molto istruttivi che ho collezionato, in modo tale da stimolare e arricchire il suo vocabolario e arricchire la sua mente di nuove e utili conoscenze. Faccio bene, vero?

R.: No, non fa affatto bene. La televisione e tutti gli altri strumenti di comunicazione tendono a rendere passivo il bambino e accentuano la tensione interiore la chiusura e le difficoltà nel dialogare e relazionarsi con gli altri. Per tale motivo, fino ai tre anni è sconsigliabile, anche per i bambini che non hanno alcun problema psicologico, l’uso di uno schermo qualunque, che sia quello della TV, di un tablet o di uno smartphone.  Durante questo periodo tutti i bambini dovrebbero invece avere numerosi e continui contatti e dialogo con persone in carne e ossa e soprattutto con i loro genitori e familiari, poiché sono solo queste persone che possono aiutarli ad accrescere le loro conoscenza mentre, nel contempo, stimolano in maniera fisiologica lo sviluppo della loro personalità. Solo queste persone sono in grado di far loro acquisire tutte le potenzialità presenti nell’essere umano, compreso il linguaggio e la comunicazione. Al contrario gli schermi degli strumenti elettronici non aiutano affatto lo sviluppo della personalità umana ma accentuano la loro ansia ed irritabilità e stimolano i piccoli ad estraniarsi dalla realtà.  Per tale motivo nei bambini che hanno problemi di chiusura autistica l’età nella quale possono assistere a qualche programma televisivo o effettuare dei video giochi si allunga. Anzi, sarebbe bene che non assistano ad alcun programma televisivo o effettuino alcun video -gioco, fino a quando la loro chiusura autistica non sarà totalmente scomparsa. 

D.: Mi è stato consigliato di inserire mio figlio nell’asilo nido, sia per aiutarlo a socializzare con i propri coetanei, che per stimolare il linguaggio e le altre sua carenti capacità. Anche lei mi consiglia questo inserimento?

R: Le è stato dato un pessimo consiglio. Fino ai tre – quattro anni tutti i bambini dovrebbero sviluppare le loro capacità relazionali, sociali e cognitive all’interno del nido familiare, nella propria casa, nella propria stanzetta che conoscono bene e li rassicura, accanto ai loro giocattoli, vicino e in dialogo con i propri genitori, fratelli, sorelle e gli altri familiari. L’asilo nido non ha, purtroppo, le caratteristiche che sono necessarie per aiutare lo sviluppo adeguato di un bambino piccolo. Ancor peggio, se questo bambino ha già dei problemi psicologici, questi problemi non potranno che stabilizzarsi o aggravarsi, nel momento in cui il piccolo si troverà a vivere, per tante ore al giorno, in un luogo sconosciuto, lontano dai propri genitori e dall’ ambiente familiare, che per lui sono fonte di calore, sicurezza e protezione. 

D.: Ho letto nei suoi libri che dovrei far fare a mio figlio quello che vuole, tranne delle cose sicuramente pericolose per sé e per gli altri. Ma se si comporta male con i miei e non li guarda e non accenna neanche un saluto con la manina quando andiamo via, se quando ci prendiamo una pizza non fa altro che girare tra i tavoli, facendoci fare cattiva figura, lo dovrei lasciare fare? Non diventerà da grande un bambino e poi un ragazzo senza regole e ineducato?

R.: L’ultimo problema che dovrebbero avere i genitori di un bambino con sintomi di autismo è quello di cercare di educare il proprio figlio, giacché tutta la loro attenzione dovrebbe focalizzarsi su come liberare il piccolo dalle gravi emozioni negative che attanagliano il suo animo e la sua mente e dalla chiusura autistica che blocca il suo sviluppo affettivo, emotivo e cognitivo. Per tale motivo, fino a quando il bambino non avrà eliminato questa arcaica difesa: la chiusura in se stesso, bisogna riuscire ad avere un comportamento molto dolce e affettuoso, senza porsi mai in un ruolo educativo; poiché, ogni volta che limitiamo o proibiamo qualcosa ad un bambino che presenta questa patologia, rischiamo di alimentare o accentuare la sua sfiducia negli altri e nel mondo e quindi accentuiamo la sua chiusura. Al contrario, un comportamento molto accettante stimola il bambino ad aver fiducia negli altri e quindi ad abbandonare questa difesa dagli altri e dal mondo fuori di lui che si era imposta. Ciò gli permetterà di sviluppare tutte le sue potenzialità psichiche compreso il controllo dei propri gesti e delle proprie azioni. Per cui anche i suoi comportamenti tenderanno rapidamente a migliorare e saranno sempre più vicini a quelli dei bambini normali. A questo punto, e solo a questo punto, inseremo, con molta dolcezza, i normali stimoli educativi, che i bravi genitori propongono, di solito, a tutti i bambini, come il salutare i nonni, il non scorrazzare per tutto il ristorante, il mangiare educatamente e così via.

D.: Mio figlio ha cinque anni e frequenta la scuola materna. Non dovrò mica toglierlo dalla scuola? Mio figlio ha sette anni e frequenta la scuola elementare. Spero che non mi dica di toglierlo dalla scuola? 

R.: Noi consigliamo a tutti i genitori che hanno un bambino con sintomi di autismo di fargli fare un buon anno sabatico, in modo tale che i genitori possono, durante quei dodici mesi, focalizzare tutte le proprie energie e il loro impegno nel far uscire il proprio figlio dalla chiusura autistica, utilizzando il Gioco Libero Autogestito, senza pensare ad altro. Questo risultato potrà essere notevolmente favorito dall’allontanamento da un luogo: la classe, che da questi bambini non è affatto amato, in quanto troppo ricco di stimoli per loro molto dolorosi e disturbanti: grida, pianti, rimproveri, richiami, atteggiamenti di rifiuto o bullismo da parte dei compagni. Altrettanto odiate sono da loro le inaccettabili, numerose norme e regole, che tuttavia risultano indispensabili per il buon funzionamento delle attività didattiche. °

Soltanto se ciò non fosse fattibile, sarà necessario che la scuola si attivi per inserire il bambino con sintomi di autismo, in un ambiente tranquillo, in cui vi siano numerosi giocattoli, ma con la sola compagnia di un insegnante a lui dedicato che si impegnerà ad effettuare con il bambino la tecnica del Gioco Libero Autogestito. Naturalmente sarebbe importante che questa insegnante possieda ottime capacità relazionali. La docente, in base alla serenità e alla maturità del bambino, in un momento successivo potrà inserire nel gioco un altro coetaneo. E solo quando il bambino che presentava sintomi di autismo avrà acquisito delle buone capacità emotive e relazionali lo reinserirà nella classe di appartenenza. Bisogna sempre tener presente che la socializzazione con i coetanei è la più difficile da conquistare e se si forza inserendo precocemente un bambino con problemi con i suoi coetanei non solo non si ottiene quanto voluto ma si peggiorerà la condizione di questo bambino. 

D.: Attualmente mio figlio fa diverse terapie e psicoterapie che l’impegnano per molte ore la settimana. Pensa che avrò tempo di fargli fare il Gioco Libero Autogestito?

 R.: Credo proprio sì, poiché se voi genitori vi impegnate nel gioco Libero Autogestito, vostro figlio non avrà alcuna necessità di effettuare altre terapie. Anzi possiamo aggiungere qualcosa di più. Poiché le terapie che sono attualmente consigliate sono di tipo direttivo, nel senso che è quasi sempre presente una richiesta che il bambino deve soddisfare. Questa direttività si scontra inevitabilmente con i bisogni e i desideri dei bambini con sintomi di autismo che non sopportano le indicazioni e gli stimoli che provengono dall’esterno. Per cui spesso rifiutano queste richieste, mentre, in altri casi, le accettano malvolentieri, mentre dentro di loro persiste la certezza di non essere capiti nei loro veri bisogni e desideri. Ciò limita, rallenta, o blocca del tutto il loro percorso di abbandono dalla chiusura autistica. Per tali motivi la frequenza di altre terapie è da noi sconsigliata.

     

 


 

[1] I lettori che avvertono il bisogno di approfondire questi argomenti potranno leggere i due libri che abbiamo dedicato all’autismo. “Autismo e gioco libero autogestito –Una nuova prospettiva per comprendere e aiutare il bambino autistico” e “Bambini da liberare- Una sfida all’autismo”.