L'ambiente di vita del bambino
Fondamentalmente vi sono due tipi di ambienti:
Uno favorevole e sicuro e uno sfavorevole e insicuro.
Un ambiente favorevole e sicuro permette al bambino di crescere in modo fisiologico e sano, fino al raggiungimento di una buona maturità. Questa gli potrà permettere, in un futuro, di assumersi facilmente, come uomo o come donna, i compiti e le responsabilità ai quali sarà chiamato: impegni e bisogni personali, di coppia e familiari, doveri morali, religiosi, sociali, lavorativi, politici ecc.
Per Bowlby,
“Sappiamo che oggi il compito centrale della psichiatria dello sviluppo è proprio quello di studiare l’interazione senza fine tra mondo interno e mondo esterno e il modo in cui uno influenza costantemente l’altro, non solo durante l’infanzia, ma anche durante l’adolescenza e la vita.
Appare ormai evidente che gli avvenimenti accaduti all’interno della famiglia durante l’infanzia e l’adolescenza giocano un ruolo importante nel determinare se una persona crescerà mentalmente sana o no” .
Quando invece il bambino è costretto a crescere in un ambiente sfavorevole e insicuro, questa situazione con molta facilità altererà, limiterà, impedirà o renderà difficile il sano sviluppo del suo Io. Cosicché l’individuo che si formerà porterà in sé delle stigmate che impediranno, gli renderanno difficile o disturberanno la sua vita personale e sociale, nonché i futuri ruoli e compiti che la vita gli chiederà.
In questi casi, se le problematiche saranno abbastanza gravi e importanti, la società dovrà necessariamente farsi carico dei suoi limiti e dei suoi problemi mediante una serie di attività di cura e assistenza. Inoltre, poiché le problematiche infantili spesso si prolungano nell’adolescenza e nell’età adulta si avranno non solo dei bambini disturbati ma anche degli adolescenti e degli adulti con problematiche psichiche più o meno gravi.
Purtroppo buona parte delle problematiche infantili non scompaiono con l’età ma spesso si modificano soltanto i sintomi, che poi sono i segnali della sofferenza che li provoca.
Un ambiente favorevole e sicuro è fatto sostanzialmente di persone.
È, quindi, fatto di rapporti, gesti, scambi, pensieri, immagini, idee, sentimenti, emozioni, dialogo e attività ludiche.
Per costruire accanto al bambino un ambiente umano favorevole al suo sviluppo sono necessarie alcune condizioni.
La presenza
La prima condizione è data dalla presenza umana:
- Presenza fisica
- Presenza affettiva.
- Presenza dialogante.
- Presenza emotiva.
- Presenza relazionale.
Sul problema della presenza una volta per tutte sarebbe bene che mettessimo in soffitta quanto si ripeteva continuamente durante il periodo del femminismo più acceso: che la qualità della presenza riesca a sopperire alla scarsa quantità.
Tutti gli studi confermano che ogni bambino, per crescere bene, ha bisogno di una notevole quantità e qualità di presenza genitoriale. Il motivo è semplice: l’essere umano è estremamente complesso per cui i suoi bisogni affettivo-relazionali sono altrettanto complessi e numerosi. Pertanto non possono essere soddisfatti da brevi apparizioni giornaliere, tra un impegno e l’altro.
Per quanto riguarda la qualità della presenza ricordiamo che sono importanti:
Le caratteristiche di personalità e la disponibilità delle persone che hanno cura del bambino. Pur non essendo necessaria la perfezione, non vi è dubbio che le persone vicine al bambino, specialmente i genitori, devono possedere oltre a una buona maturità e disponibilità anche una sufficiente serenità e un buon equilibrio interiore. Ricordiamo che le paure, le ansie, la depressione, i comportamenti ossessivi, gli atteggiamenti aggressivi o peggio violenti dei genitori e familiari, se superano una certa soglia, sono molto dannosi per il fragile animo del bambino.
La disponibilità affettiva. È necessario inoltre che queste persone siano in grado di dare tutto l’amore e l’affetto dei quali il bambino necessita per il suo sano sviluppo, in modo da creare attorno a lui un nido caldo, tenero e gioioso.
Le capacità di ascolto e comunicazione. Atre qualità importanti dei genitori sono date dalle loro capacità di ascolto e comunicazione. Qualità queste indispensabili per capire e rispondere adeguatamente e coerentemente ai bisogni del bambino, tenendo conto della sua età e del suo sviluppo.
Le caratteristiche dell’ambiente familiare. Tutte le persone che sono vicine al bambino dovrebbero saper creare attorno a questi un ambiente sicuro e sereno, ricordando che un ambiente dà sicurezza e serenità quando le persone vivono tra loro in buona armonia e rispetto reciproco, per cui i contrasti sono rari, di breve durata e sono risolti rapidamente.
Al contrario un ambiente insicuro e ansioso è quello che provoca nel bambino inquietudini, paure, conflitti interiori e lo costringe a schierarsi: “mio padre è buono, mia madre è cattiva”. “I nonni sono buoni, papà e mamma sono cattivi”, costringendo il bambino a chiedersi qualcosa che non vorrebbe mai chiedersi: “Chi ha ragione?” “Chi ha torto?” “A chi devo voler bene?” “Chi devo odiare?” “Chi devo amare”.
L’ampiezza e la funzionalità della rete familiare: è importante anche il numero delle persone accanto al bambino.
A volte ci si illude di essere autosufficienti: “Io e mio figlio bastiamo l’uno all’altro”. Ricordiamoci che quanto più una famiglia è piccola tanto più è fragile e problematica.
Il bambino ha molte più possibilità di crescere bene quando può godere di una rete familiare funzionale, ma anche ricca e numerosa, che gli permetta di attuare molti possibili legami fatti di dialogo, accoglienza, cure, intese e sostegno, utilizzando i rapporti con le persone più sane, equilibrate e disponibili del gruppo familiare.
Le caratteristiche e i ruoli sessuali. Il bambino ha bisogno di persone che abbiano caratteristiche e ruoli sessuali chiari e specifici.
Anche in questo caso ci si illude dicendo a se stessi di potere essere per i propri figli ciò che si vuole: maschio o femmina, padre o madre. D’altra parte è molto limitante per il bambino confrontarsi e identificarsi solo con un sesso.
Per il suo mondo interiore è prezioso l’arricchimento che può ottenere quando ha la possibilità di scoprire, confrontarsi e amare persone con caratteristiche sessuali diverse e complementari. È bello per ogni piccolo accogliere nel proprio Io la tenerezza, la capacità di accoglienza, le capacità di cure della figura materna, insieme alla forza, alla determinazione, alla sicurezza, all’intraprendenza e al coraggio della figura paterna.
La stabilità dell’ambiente. Il bambino ha bisogno di avvertire che l’ambiente e le persone attorno a lui hanno caratteristiche di stabilità.
Egli deve potere dire a se stesso, prima che agli altri con tranquillità e sicurezza: “Questo è mio padre”, “Questa è mia madre”; “Questa è la mia casa” “Questa è la mia famiglia” “Questi sono i miei fratelli e le mie sorelle” “Questi sono i miei nonni, questi sono i miei zii”. Al contrario si sente confuso e in preda all’ansia e alle paure quando l’ambiente intorno a lui è troppo vario e non ha confini chiari e netti. “Qual è la mia casa? Quella della mamma o quella del papà? “O forse la mia casa è quella della fidanzata del papà o quella dell’amico della mamma?”
Anche in questo caso con molta faciloneria ci si illude che il bambino possa adattarsi facilmente quando si modificano o vengono alterati, da un momento all’altro, i suoi punti basilari di riferimento. Questa idea, purtroppo, non è realistica.
L’adattamento è una risorsa molto importante, ma spesso non è sufficiente a limitare o contrastare i danni causati dall’instabilità, la quale con facilità tende a generare nel piccolo paure, ansie e conflitti interiori.
Il caso di Fabio è emblematico.
Questo bambino di nove anni, era nato da una donna la quale aveva vissuto delle situazioni sentimentali sempre molto varie e complicate. La madre si era sposata una prima volta con un uomo dal quale aveva avuto una figlia.
Separatasi dal marito aveva convissuto per due anni con il padre di Fabio, dal quale si era allontanata quando il bambino aveva solo due anni. Subito dopo aveva iniziato una relazione con un uomo sposato. Relazione che era durata diversi anni.
Quando la donna prese la decisione di lasciare l’amante per un altro uomo, questi iniziò a perseguitarla, minacciandola in vario modo. Tale comportamento spinse la donna a decidere di trasferirsi con il figlio in un’altra regione d’Italia, allontanando così da lei il pericolo rappresentato dall’ex amante.
Con tale decisione però, il figlio sentiva di essere costretto a restare lontano dal padre, dai nonni, dai compagni, nonché dalla casa e dalla città natale, nella quale fino a quel momento era vissuto. Il bambino, molto risentito per questa situazione, nella ricerca di un minimo di benessere interiore, avvertiva nel suo intimo il bisogno di difendersi e punire chi gli aveva fatto e gli stava facendo del male. Come possiamo notare da questo suo racconto, il bisogno di difesa e di sanzioni, nella sua fantasia avevano assunto degli aspetti drammatici.
Il cavaliere, il drago e la strega
“C’era una volta un cavaliere che andò con il suo cavallo tanto lontano. Un giorno giunse a un punto e lì ha visto un drago. Pian piano avvicinandosi alla bestia il drago si svegliò e se ne andò via. Però il cavaliere con il suo cavallo lo inseguì e lo uccise. Lo uccise perché il suo comandante, il suo re, gli disse di uccidere il drago perché era una minaccia per il Paese.
Quando uccise il drago lo portò al Paese e lo mise davanti al re. Però il cavaliere non sapeva che il re era una strega che lanciò una maledizione sul cavaliere e lo fece diventare una rana. Il ranocchio andò a casa di una principessa. Questa ragazza era la figlia di un re di un altro Paese. Quando arrivò a casa della principessa, questa gli disse: “Ma tu chi sei?” Il ranocchio gli rispose: “Sono il cavaliere ma la strega mi ha fatto una maledizione. La principessa capì il problema e allora lo baciò, ed il cavaliere tornò normale.
Il cavaliere e la principessa corsero insieme con le guardie dalla strega e la imprigionarono nelle segrete. Da quel giorno in poi la strega era nelle segrete, così il cavaliere e la figlia del re vissero felici e contenti”.
Se interpretiamo il racconto di Fabio alla luce della sua storia familiare e personale, capiamo benissimo che egli, come un bravo cavaliere senza macchia e senza paura, sente prepotentemente il bisogno di ubbidire al suo re (in questo caso a suo madre) eliminando, in maniera definitiva, l’essere cattivo che attenta alla sicurezza sua e della sua famiglia, nel suo caso l’amante della madre che egli descrive come un drago. A questo proposito è da notare che egli non è proprio molto convinto della cattiveria di quest’uomo. Infatti il drago si allontana da lui e scappa piuttosto che affrontarlo!
Tuttavia, dopo aver eliminato il drago, capisce che i suoi problemi non sono solo all’esterno della sua famiglia, ma stanno nella sua casa e vivono accanto a lui: il problema maggiore è proprio la madre che con i suoi comportamenti incongrui (il bambino diceva che la madre faceva sempre “casini”) lo aveva messo in passato e continuava metterlo in situazioni di gravi difficoltà. A questo punto la soluzione non può che venire dall’esterno della sua famiglia. La soluzione può venire solo da una ragazza, una buona principessa, figlia di un vero re e non di una strega. Ed è alleandosi con questa ragazza che gli è possibile fare in modo che la madre, causa di buona parte dei suoi problemi, sia rinchiusa nelle segrete, così che non possa più nuocergli.
I ruoli. Il rapporto con i minori è bene che sia attuato da persone che hanno contezza del loro ruolo, così da poter soddisfare pienamente i bisogni essenziale del bambino. Come non sottolineare, infatti, che un padre non può sostituire sempre e in ogni situazione una madre e viceversa; che un nonno o una nonna pur essendo figure fondamentali per la crescita dei minori non hanno la stessa valenza educativa e affettiva dei genitori del bambino; così come le insegnante o le babysitter pur essendo preziose in alcune precise situazioni e condizioni non possono certo sostituire altre figure familiari di accudimento.
Che cosa succede quando un ambiente non è favorevole allo sviluppo di un bambino?
Quando ciò avviene frequentemente compaiono le conseguenze della sofferenza causata dalle situazioni di stress, dalle frustrazioni, dai traumi subiti.
Noi chiamiamo “sintomi” i segnali attraverso i quali il bambino manifesta la sua sofferenza ma anche le difese che il bambino mette in atto per fronteggiare o diminuire il danno provocato dalle situazioni traumatiche o eccessivamente frustranti e stressanti che è costretto a subire.
I sintomi possono essere molto diversi:
- La chiusura.
- Le difficoltà nella socializzazione.
- Le difficoltà nella comunicazione e nel dialogo.
- Le ansie, le paure, le fobie.
- I disturbi del comportamento.
- Le stereotipie.
- Le manifestazioni regressive.
- L’aggressività.
- Le manifestazioni psicosomatiche.
- I sintomi depressivi.
- I disturbi alimentari.
- I disturbi dell’apprendimento.
- I disturbi dell’attenzione.
- Le manifestazioni fobiche - ossessive.
- L’instabilità .
- La scarsa fiducia e le maggiori difficoltà nei futuri legami affettivi ed amorosi.
- I problemi di identità e identificazione. E così via
Purtroppo questi disturbi, come abbiamo detto, non cessano con l’età, ma soltanto si modificano in altri sintomi. Ne è un esempio la storia di Maria, la quale nonostante la sua tenerissima età aveva ben compreso:
- Che cosa permette al cuor di un bambino di crescere e svilupparsi.
- Che cosa, invece, lo fa rattrappire fino a portarlo a una grave regressione .
- Come può migliorare un bambino quando gli viene dato l’aiuto necessario.
- Cosa resta della sofferenza subita anche quando sono scomparsi o si sono attenuati i sintomi più grossolani.
Questa bambina aveva appena cinque anni quando ha iniziato a frequentare il nostro centro. Era di famiglia agiata, i genitori si erano separati. Quando la piccola è stata da noi visitata lamentava uno stato di grave regressione psicologica.
Il suo racconto fu dettato quando, dopo aver attuato degli interventi sulla coppia genitoriale e una psicoterapia della bambina, la piccola era molto migliorata, tanto che la regressione era quasi totalmente scomparsa.
Un fiore, un diamante, un cuore e tanta puzza
“C’era una volta una famiglia. Avevano una casa bellissima e avevano una figlia. La figlia un bel giorno ha guardato un fiore azzurro e ha detto: “Me lo voglio prendere”. Se l’è preso e dopo un po’ di giorni la bimba è diventata grande. E anche il fiore è diventato grande e dentro il fiore c’era un diamante e dentro il diamante c’era il cuoricino della bimba che stava crescendo. La bambina era felice perché aveva un diamante in casa.
Sua madre non se n’è accorta ed ha buttato il fiore con dentro il diamante ed il cuore. La figlia cercava il diamante ma non lo trovava e allora è diventata sempre più piccola, ed è diventata neonata e la mamma ha detto: “Come può essere che è diventata neonata?”
Questa bimba neonata parlava e ha chiesto alla madre il diamante e la madre ha detto che era nella spazzatura. Lei (la bimba), l’ha ripreso ed era tutto sporco. Dopo l’hanno pulito, ma faceva puzza di pesce. E la bimba è tornata grande, ma, nonostante questo, è rimasta puzzolente”.
Si rimane stupiti di come una bambina di appena cinque anni abbia potuto descrivere così bene la sua storia ed i suoi problemi attuali.
L’interpretazione di questo racconto non è affatto difficile.
Maria si trova a vivere in una famiglia agiata (avevano una casa bellissima). Tutto sembra andare per il verso giusto. Ella è di intelligenza normale, anzi molto vivace, ha una buona stima di se, e vuole crescere rapidamente (La figlia un bel giorno ha guardato un fiore azzurro e ha detto: “me lo voglio prendere". Se l’è preso e dopo un po’ di giorni la bimba è diventata grande. E anche il fiore è diventato grande e dentro il fiore c’era un diamante e dentro il diamante c’era il cuoricino della bimba che stava crescendo). Ma c’è un grande “ma”. La madre, senza accorgersi del male che stava compiendo, mette la bambina in una situazione di grave disagio; la bambina probabilmente si riferisce ai notevoli conflitti con il padre (Sua madre non se ne accorta ed ha buttato il fiore con dentro il diamante ed il cuore). La conseguenza è stata, purtroppo, la regressione della bambina in alcuni settori dello sviluppo (La figlia cercava il diamante ma non lo trovava e allora è diventata sempre più piccola, ed è diventata neonata). La madre, accortasi che qualcosa di grave ed importante era accaduto alla figlia, ha cercato di capirne il motivo (e la mamma ha detto: “Come può essere che è diventata neonata?”)
Maria, a questo punto, fa capire in modo esplicito alla madre il suo notevole disagio (Questa bimba neonata parlava e ha chiesto alla madre il diamante e la madre ha detto che era nella spazzatura). La madre, finalmente consapevole di aver commesso degli errori, cerca di affrontare e risolvere i problemi della piccola, accettando un percorso che l’aiuti a risolvere i conflitti di coppia e porta la figlia in un centro di neuropsichiatria, in modo tale che le venga dato l’aiuto necessario per risolvere i suoi problemi. Per fortuna alcuni dei più gravi problemi dei genitori e della figlia vengono risolti (Lei (la bimba), l’ha ripreso ed era tutto sporco. Dopo l’hanno pulito, ma faceva puzza di pesce. E la bimba è tornata grande).
La bambina però si accorge che, nonostante l’impegno dei genitori e degli operatori, non tutti i suoi problemi sono stati eliminati. Qualcosa dei traumi subiti mentre aveva assistito per anni alle continue liti dei genitori era rimasto nel suo cuore ( E la bimba è tornata grande, ma, nonostante questo, è rimasta puzzolente).
Il secondo racconto di Maria che riportiamo, evidenzia in modo più evidente la sua più pressante e grave problematica: il conflitto tra i genitori.
I principi litigiosi
“C’era una volta una bellissima principessa che aveva un fidanzato con il quale andava a passeggiare in un prato fiorito. Un giorno hanno deciso di sposarsi e hanno fatto un figlio che si chiamava Davide. Ma litigavano e si volevano lasciare.
La mamma di Davide aveva già partorito ed era molto preoccupata perché non sapeva cosa dire al figlio quando sarebbe diventato grande. I genitori si sono lasciati per forza.
Quando Davide è cresciuto ha chiesto: “Ma io non c’è l’ho un papà?” E la mamma ha detto “Te lo spiegherò quando sarai diventato più grande!” E poi dopo gli ha detto: “Ci siamo lasciati per le (a causa delle nostre) famiglie”. Il bimbo era scappato dalla famiglia e cercava il suo papà e la mamma è andata a cercarlo. Dopo (la madre) ha trovato papà e figlio che passeggiavano e gli ha detto: “Ma tu che ci fai qui!” E ha rimproverato il papà. La mamma era disperata. Dopo hanno fatto tutti pace e vissero felici e contenti.”
In questo racconto ancora una volta Maria mette in evidenza come, nella sua famiglia, vi fossero tutti i presupposti per un matrimonio felice: la bellezza, la ricchezza, l’amore, un ambiente idilliaco, la nascita di un figlio. Purtroppo, però, questi presupposti non bastano . A questo punto è evidente la paura più grande che assilla la bambina: il timore che la separazione dei suoi genitori possa comportare la perdita del rapporto con il papà (Dopo ha trovato papà e figlio che passeggiavano e gli ha detto: “Ma tu che ci fai qui!” E ha rimproverato il papà.)
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -(Volume unico)