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Influenza dell'ambiente durante la gravidanza

09-07-2023 11:42

Emidio Tribulato

Prevenzione, neonato e ambiente,

Influenza dell'ambiente durante la gravidanza

La relazione tra l'ambiente e il bambino avviene molto precocemente.

L'essere umano, quando sboccia nel ventre materno, è già in relazione con l’ambiente esterno, in quanto l’utero non è solo culla ma è anche il primo mondo con il quale egli entra in contatto. Ed è questo mondo esterno che contribuisce a costruire il suo mondo interiore. Già, verso i cinque mesi di gravidanza, la madre si accorge, dai suoi movimenti, se egli dorme tranquillo, oppure è sveglio o è inquieto. Già verso la metà della gravidanza, il bambino che si sta formando, sente i suoni, prende dal sangue della madre gli alimenti che gli servono, avverte il dolore. Già egli condiziona, senza volerlo e senza averne coscienza, il corpo ma anche la psiche della madre, per adattare l'uno e l'altra ai suoi bisogni essenziali. 

A sua volta però questo piccolo essere umano che sta crescendo, è capace di dare al mondo che lo circonda, ed in primis alla madre, al padre e agli altri familiari ma anche alla società in cui vive, qualcosa che, se a volte è causa di ansia e inquietudine, il più spesso viene vissuto come un regalo prezioso, desiderato e bramato. Ai suoi genitori può dare ancora, senza saperlo e senza volerlo, la realizzazione dei loro sogni. Il piacere e l’orgoglio della maternità e della paternità realizzate. La gioia immensa di partecipare, inizialmente con il loro corpo e poi con le loro cure, con le loro parole, con l’affetto, con le attenzioni e sacrifici, alla formazione del più importante e complesso essere vivente da noi conosciuto. 

Quando mamma e papà che accarezzano insieme il pancione, si ritrovano più uniti, più solidali, più vicini, ma anche più forti e decisi ad affrontare il mondo; per modificarlo in senso positivo per loro, ma soprattutto per il loro bambino. Essi, di fronte al mistero della vita che hanno contribuito a creare, si sentono più desiderosi e disponibili alle tenerezze, più pronti all’accoglienza, più sicuri nelle sfide. Ai nonni e agli altri familiari, il piccolo che deve nascere, può dare il piacere di sapere che fra qualche mese potranno avere tra le loro braccia una nuova gioiosa vita; un piccolo caldo, allegro, cucciolo d’uomo con cui dialogare, comunicare e scambiare. Alla comunità e società degli umani, sicuramente egli si offre come un nuovo mattone indispensabile per la stessa esistenza della società, ma anche per il suo progresso e la sua espansione. 

Non vi è pertanto un solo momento nel quale il bambino prende dall’esterno e non dà; come non vi è un solo attimo in cui il nuovo essere umano dà e non prende dal mondo esterno. Pertanto, sia nel bene sia nel male, egli modifica in senso positivo o negativo il mondo che lo circonda e, a sua volta, è da questo modificato. Il bambino, come tutti gli esseri viventi cerca di adattarsi ed adattare ai suoi bisogni l’ambiente circostante. La riuscita o il fallimento di questi tentativi dipendono dal particolare intreccio tra le caratteristiche ambientali e le possibilità che l’individuo ha di mettere in atto le strategie più opportune. 

Abbiamo detto che il primo contatto dell’essere umano con il mondo esterno è rappresentato dal corpo, dal sangue, ma anche dagli umori della madre. Non sappiamo esattamente cosa avverte della vita psichica della madre l’embrione e poi il feto. Certamente non i suoi pensieri e le sue riflessioni. Sicuramente non può aver contezza se questa donna ha, accanto a sé, un uomo e una famiglia che sa accoglierla e proteggerla, rassicurarla e confortarla, ascoltarla e consigliarla, o se, al contrario, ella è sola ad affrontare questo meraviglioso ma impervio cammino. 

Il nascituro, sicuramente, non ha ancora la possibilità di avvertire pienamente se la madre è preda degli impegni del lavoro e delle angosce del vivere quotidiano, che la inseguono e sommergono, oppure se, serenamente e coerentemente con il suo impegno di madre, sta costruendo per il suo bambino, rilassandosi, un ambiente sicuro, caldo e confortevole come un nido. 

Sappiamo però che prima della nascita il bambino già avverte le conseguenze che i vissuti della madre hanno sul corpo di lui, in quanto, il benessere della madre diventa ben presto il suo benessere, come il malessere della madre rischia di diventare il suo malessere. Sappiamo che all’inizio della sua avventura umana, la comunicazione è solo biochimica, ormonale, immunologica, ma questa poi, gradualmente, con lo sviluppo delle capacità logico-percettive, diventa piena e completa.

Pertanto, ogni variazione della fisiologia, come dell’assetto biochimico e ormonale della donna influenza, oltre il corpo e la mente di questa, anche il corpo e poi, nel momento in cui si è formata, anche la mente del bambino, che la donna stessa porta in seno. 

Già dal battito del cuore della madre, dalla tensione del suo addome e da altri segnali biologici, il nascituro avverte se la madre si sta spendendo con ansia per tante, troppe incombenze oppure si sta concentrando sul suo mondo interiore, cercando, per il suo bambino, tutte quelle caratteristiche materne che a questi servono. 

A sua volta il bambino che si sta formando nel ventre materno modifica l’ambiente circostante.

Ancor prima che la madre sappia di aspettare un figlio, quest'ultimo ha iniziato a modificare il corpo di lei, ma anche alcuni aspetti del modo di vivere e sentire se stessa ed il mondo. Uno dei segnali principali che la madre riconosce facilmente è la scomparsa delle mestruazioni e quindi la mancanza di una nuova ovulazione. Il sospetto, che con gli appositi esami diventa certezza, che un essere umano si sta formando nel suo ventre, non passa sicuramente inosservato; anzi, per tante donne, è l’evento clou della loro vita e della loro esistenza. 

D’altra parte i sentimenti della madre, prima e durante la gravidanza, possono influenzare profondamente il suo atteggiamento nei riguardi del bambino che nascerà, così come possono condizionare il modo con il quale lo accoglierà e si comporterà nei suoi confronti(Osterrieth, 1965, p. 45).[1] 

Allo stesso modo i suoi sentimenti, prima e durante la gravidanza, condizioneranno la sua vita futura. Necessariamente subiranno una qualche modifica i rapporti con il padre del bambino, il lavoro e gli altri impegni, la famiglia e gli amici. Nulla sarà come prima! Aspettare un bambino può significare che un sogno si è realizzato. Un sogno nato in un momento lontano della sua vita. Un sogno sbocciato quando da bambina ha iniziato a giocare con la sua prima bambola ‹‹che voleva sempre la pappa e lei doveva continuamente preparagliela se no quella piangeva, cosicché doveva cullarla a lungo prima che, finalmente, si addormentasse tranquilla››. Oppure quel sogno era sgorgato quando, per la prima volta, la mamma le aveva dato il permesso di toccare, ma solo per un momento e molto delicatamente, le manine o il corpicino del fratellino appena nato; o quando, avendo più fiducia in lei, le aveva permesso di poggiarlo un attimo sul suo piccolo grembo; o ancora quando, fidandosi delle sue capacità, aveva affidato a lei le cure del fratellino per qualche minuto e la bambina, in quei momenti, si era orgogliosamente sentita una mammina amorevole.

Aspettare un bambino può significare il completamento di un rapporto di coppia nato molti anni prima tra i banchi di scuola e condotto con impegno, coerenza. fedeltà e fiducia per molto tempo, prima di essere coronato dalla cerimonia del matrimonio e poi, finalmente, dall’attesa di un figlio.

Per una coppia ritenuta sterile, il sapere di aspettare un bambino è già qualcosa di diverso. Dopo mille sacrifici, dopo tante attese, dopo infinite delusioni, la gioia inaspettata può avere caratteristiche sconvolgenti che, a volte, proprio per questi motivi e per la paura che questa nuova vita svanisca fugacemente, non si riesce a gustare fino in fondo.

Aspettare un bambino può significare, purtroppo, ben altro. Quando questo evento è solo il frutto di un incontro occasionale, della passione di una notte, o è solo la conseguenza di un errore commesso in due. In tutti questi casi una nuova vita umana può accendere nell'animo dei genitori tinte fosche e drammatiche 

In una famiglia estremamente povera e disagiata, questo evento può significare la necessità di dover affrontare nuovi sacrifici, nuove rinunce, nuovi e più pesanti impegni. 

Queste ed altre mille situazioni diverse hanno la capacità di avvolgere il nuovo germoglio dell’umanità in un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni, che possono comportare notevoli conseguenze materiali, psicologiche e sociali le quali, a loro volta, influiranno, sia in senso positivo che negativo, sulla qualità della relazione, non solo tra genitori e figlio, ma anche tra familiari e nuovo nato, tra società e novello cittadino.

Condizioni facilitanti il benessere del feto e poi del bambino 

 

Giacché le variabili sono tante, numerose e complesse, non è possibile definire, con buona approssimazione, le conseguenze che le molteplici situazioni avranno sul futuro benessere del nuovo essere umano. Possiamo soltanto ipotizzare, utilizzando alcuni elementi di studio e le esperienze personali, solo alcuni fra i tanti scenari possibili.

Le condizioni che possono facilitare un buon percorso educativo e relazionale sono numerose:

  1. Un’età adeguata.
  2. La giovinezza e la maturità personale dei genitori.
  3. La serenità dell’ambiente.
  4. La disponibilità ad adattarsi ai bisogni del nascituro e quindi la positiva e costante comunione con questi.
  5. La capacità di avvertire il bambino come un dono.
  6. Una realtà di coppia stabile.
  7. Un’età adeguata

Per quanto riguarda l’età è difficile indicarne una ideale, in quanto si può essere maturi e capaci di educare bene un bambino quando ancora, per le leggi degli Stati, non ci si può sposare; come, d’altra parte, si può essere affettivamente e psicologicamente immaturi ad un’età nettamente avanzata. Ciò in quanto la maturità di una persona è solo in parte legata all’età cronologica. È noto però che fisiologicamente l’età troppo giovane, al di sotto dei diciotto anni comporta, oltre che possibili problemi di natura organica, difficoltà educative dovute ad una scarsa autorevolezza e alla presenza di comportamenti eccessivamente amichevoli e poco consoni al ruolo genitoriale.[2] Di contro, nell’età troppo avanzata, al di sopra dei trentacinque – quarant’anni, nella relazione e nell’educazione di un bambino vi è il rischio che possano concorrere negativamente, oltre l’ampio divario generazionale, la più intensa emotività, la maggiore fragilità psicologica, la minore elasticità mentale. Pertanto, tra i genitori attempati ed i loro figli potrebbero essere più frequenti i legami ansiosi e patologici. Come lasciare, ad esempio, che il figlio scelga liberamente la strada da percorrere nella vita quando, vivendo una situazione di fragilità e malinconia, lo si vorrebbe più intensamente e per un tempo più lungo legato a sé?

Non è da sottovalutare, inoltre, una più intensa inquietudine presente nei figli di genitori attempati, dovuta alle più gravi e frequenti malattie presenti in questi ultimi e ai maggiori timori per la loro possibile scomparsa. 

Oggi che le cause delle maternità precoci sono dovute essenzialmente alla estrema libertà sessuale di cui godono gli adolescenti, per cui gli interventi di prevenzione non possono che essere di tipo educativo. Non dovrebbe mancare, nei confronti degli adolescenti e dei giovani, una costante guida autorevole e morale da parte dei genitori e dei familiari. D’altra parte le istituzioni pubbliche dovrebbero farsi garanti delle immagini e dei contenuti che sono proposti quotidianamente ai minori e ai giovani, in modo tale da valorizzare e stimolare in questi un uso attento e responsabile della sessualità, evitando di farla apparire, come spesso avviene in numerosi film e spettacoli, come un piacevole gioco, un divertente passatempo o soltanto uno dei tanti modi con i quali si possono esprimere i sentimenti amorosi. 

  1. La maturità personale dei genitori. 

 I genitori affettivamente e psicologicamente maturi, sono molto favoriti nell’accettazione e nella relazione con un figlio, a causa della migliore resistenza agli stress, per la maggiore vivacità e serenità interiore e per un migliore controllo delle pulsioni. Inoltre i genitori maturi hanno la possibilità di applicare più facilmente uno stile educativo più lineare ed equilibrato. Pertanto, questi genitori, saranno capaci di affrontare e vivere meglio tutte le esperienze di vita, non solo quelle facili e gioiose, ma anche quelle difficili e tristi. Essi, più facilmente, sapranno selezionare e oculatamente scegliere quanto può essere utile al nascituro e all’intera famiglia, senza farsi influenzare eccessivamente dalle mode del momento. I genitori maturi hanno, inoltre, le capacità necessarie per riuscire a limitare i loro bisogni individuali. Pertanto saranno lieti di donare il proprio tempo, le proprie energie, le loro attenzioni, la loro presenza, la loro disponibilità, al figlio che nascerà limitando, quando è necessario e per il tempo necessario, tutte le altre attività ludiche o lavorative, senza nulla rimpiangere: né la tenera e comoda dipendenza dai genitori d’origine, né gli effimeri divertimenti e passatempi dell’età adolescenziale, né il gratificante lavoro. Essi, inoltre, saranno capaci di creare attorno al figlio che nascerà l’ambiente a lui più favorevole, allontanando sia gli inquinanti fisici, come i farmaci, i cibi adulterati e le radiazioni pericolose, sia gli inquinanti psicologici: come l’ansia, la fatica, la tensione interiore, la conflittualità e lo stress, in quanto sanno che questi rappresentano dei potenziali rischi per il nascituro. 

Questi genitori è facile, inoltre, che avranno maggiori capacità nello scegliere con attenzione ed oculatezza il momento più idoneo in cui aspettare un figlio. Essi vorranno essere e sentirsi pronti ad accoglierlo bene. Pronti dal punto di vista fisico, in quanto persone adulte ma non troppo avanti con gli anni. Pronti dal punto di vista economico, in quanto capaci di mantenerlo ed educarlo dandogli il necessario anche se non il superfluo. Pronti dal punto di vista sociale, in quanto coppia unita in modo stabile e duraturo, mediante un vincolo responsabilizzante come quello del matrimonio. 

b) La serenità dell’ambiente. 

Il fragile essere umano che si sta formando nel ventre materno, ha la necessità di crescere e svilupparsi in un ambiente sereno. E poiché prima della nascita l’ambiente del bambino è dato soprattutto dalla madre, il piccolo ha bisogno che questa donna viva l’esperienza della maternità con distensione, gioia e ottimismo, in quanto queste condizioni facilitano molto gli aspetti biologici della gravidanza e l’instaurarsi di un positivo e intenso rapporto madre – figlio. 

Una madre psicologicamente equilibrata e serena, riesce ad affrontare molto meglio gli eventuali malesseri e problemi che si dovessero presentare durante i nove mesi di attesa, senza paure eccessive e senza andare facilmente e inutilmente in ansia. Ansia e paure che, se durevoli o troppo intense, rischiano di compromettere e danneggiare il fisiologico decorso della gravidanza. 

Se è vero che l’equilibrio e la serenità della madre sono dati soprattutto dalle sue caratteristiche psicologiche, è altrettanto vero che l’aiuto ed il sostegno che può ricevere dalle persone che le sono vicine e con le quali è in contatto, sono fondamentali. In molte culture viene prestata un’enorme attenzione alle donne in attesa, verso le quali viene attuata una notevole protezione da parte non solo dalle loro famiglie e ma anche da tutta la comunità nella quale vivono, al fine di evitare loro ogni trauma: sia fisico sia psicologico. 

Intanto è molto importante l’apporto del marito, o comunque del padre del bambino. Questi, durante tutto il periodo della gestazione e dell’allevamento del piccolo, ha il compito di creare attorno alla madre e nella famiglia, un ambiente il più tranquillo, caldo e confortevole possibile, in modo tale da permettere alla sua donna di lasciarsi andare, nei confronti del figlio, a quell’atmosfera particolare e a quell’intimità speciale, che è indispensabile al fine di intraprendere il fondamentale rapporto empatico con la loro creatura. Compito del padre è inoltre quello di metterla al riparo, con il suo lavoro e le sue attenzioni e il suo comportamento, da attività faticose e da ambienti inquinanti o stressanti che potrebbero danneggiare il prodotto del concepimento. 

Per Wenner (in Bowlby, 1982, p. 111) una buona madre ‹‹…ha un rapporto stretto con il marito ed è desiderosa e felice di far conto del suo aiuto. A sua volta è capace di dare spontaneamente agli altri, compreso al proprio bambino. Al contrario una donna che ha grosse difficoltà emotive, durante la gravidanza e il puerperio ha grosse difficoltà nel fare affidamento sugli altri. Essa è incapace di manifestare il suo desiderio di sostegno, oppure lo fa richiedendolo in modo aggressivo, riflettendo in ambedue i casi la sua mancanza di fiducia che ciò possa verificarsi››.[3]

Altrettanto importante è l’apporto degli altri familiari, i quali hanno anche il compito di offrire con la loro presenza, con le loro parole ed i loro comportamenti, segnali inequivocabili di sostegno, disponibilità e supporto alla coppia, così che questa possa meglio capire, vivere e affrontare, gli eventi sia positivi sia negativi di questa fase particolare della vita della madre e del bambino. 

Fondamentale è il compito delle donne della famiglia: madre, suocera, zie, cugine più anziane. Queste dovrebbero essere in grado di sostenere, aiutare, consigliare la neo-mamma soprattutto nelle prime settimane del suo rientro a casa dopo il parto. Compito che dovrebbero svolgere con dolcezza, serenità e affetto, rispettando i bisogni della puerpera, senza per altro essere eccessivamente invadenti ed opprimenti. In molti paesi ed in molte culture questo supporto è costante e stabile. Ciò purtroppo non sempre avviene nei moderni paesi occidentali nei quali, per motivi vari: impegni lavorativi eccessivi, chiusura della coppia nei confronti della rete parentale, notevoli distanze fisiche tra l’abitazione della madre in attesa ed i suoi familiari, la neo-mamma rimane sola, in balia dei suoi dubbi, insicurezze e scarse conoscenze sulla migliore gestione sia della gravidanza sia, in un momento successivo, del neonato. Le conoscenze ottenute dalla lettura di articoli nella rete Internet, sui libri e riviste sull’argomento, non riescono a fornire loro un sufficiente supporto, per un compito molto complesso e variegato, che necessita di notevoli esperienze pratiche. 

I medici, d’altra parte, non si dovrebbero sottrarre all’obbligo di costruire, coltivare e mantenere con le loro parole e con i loro comportamenti nell’animo della madre e della famiglia della gestante un buon equilibrio e benessere psichico, evitando di consigliare tutte quelle visite, terapie ed esami inutili o superflui che potrebbero provocare stress sia alla madre sia al suo piccolo. 

  1. La positiva e costante comunione con il nascituro. 

In condizioni di normalità il legame con il figlio spesso precede, almeno nella fantasia e nel cuore dei genitori più maturi, l’evento stesso della gravidanza. Questo legame dovrebbe diventare più solido e tangibile quando la nuova vita bussa alla porta dell’esistenza e chiede di svilupparsi e crescere, non solo come elemento organico e materiale, ma anche e soprattutto come essere umano ricco di capacità intellettive, affettive, relazionali e morali. 

Quando questo legame è solido, continuo ed emotivamente gioioso, il cuore dei genitori e dei familiari diventa ampio, caldo e accogliente, per cui hanno scarsa importanza tutti quegli esami che tendono ad evidenziare una possibile disabilità, al solo scopo di mettere poi la coppia nella tremenda alternativa di effettuare o no un aborto terapeutico o eugenetico. Se i genitori hanno fiducia nelle capacità e possibilità della natura, non accetteranno neanche di praticare quell’eccesso di esami clinici e visite ginecologiche, che fanno soffrire sia la donna sia il nascituro, ma si atterranno soltanto a quelle ritenute utili ed indispensabili. E non importa, come invece oggi viene suggerito, che la madre senta il dovere di fare ascoltare una tenue e distensiva musica sinfonica al bambino che vive nel suo ventre: il battito calmo del suo cuore che vive e gusta ogni momento dell’attesa con serenità e gioia e il suo canto spontaneo, mentre attende alle normali occupazioni quotidiane, saranno, per il figlio che deve nascere, le migliori melodie. E non importa che la madre sia obbligata o spinta a raccontargli delle favolette. C’è tempo per le favole. Le voci serene, provenienti da una casa in cui regna l’armonia, saranno, nei mesi dell’attesa, le sue favole preferite. 

  1. La capacità di avvertire il bambino come dono.

Quando l’essere umano che si sta formando ha la fortuna di essere accolto da genitori e da una famiglia aperta alla vita, generosa nei confronti di se stessi e degli altri, l’attesa di un bambino può dare molto in quanto, quel nuovo cucciolo d’uomo, assolutamente unico e irripetibile, è avvertito come un dono. Un dono al piccolo che nascerà. Un dono a se stessi, alla propria famiglia e alla società. Un dono per il mondo. E se i genitori e gli altri familiari sapranno costantemente comunicargli in ogni momento della sua vita questa disponibilità interiore, il bambino sentirà, dentro di sé e attorno a sé, questa splendida realtà: essere per tutti un regalo e mai un peso. Ciò sarà per lui fonte di sicurezza, calore e gratitudine. Servirà a rafforzare l’autostima. Sarà utile nel creare un legame solido, stabile e ricco di fiducia, con i suoi genitori e con la realtà che lo circonda.

Ma i doni vanno accettati così come sono. Se, invece, i genitori hanno delle attese e un’immagine irrealistica del figlio che dovrà nascere, se si aspettano solo delle qualità positive: ‹‹Sarà, intelligentissimo, bellissimo, sempre e assolutamente sano, incapace di fare capricci; sarà sicuramente in grado di rispondere ad ogni nostra esigenza e aspirazione conscia e inconscia››. In questi casi la delusione e la frustrazione non potranno che essere pesanti ed invalidanti nei riguardi della relazione genitori - figlio. Così come saranno dolorosi i risvolti nei confronti del piccolo, il quale avvertirà se stesso come incapace di dare piacere e gioia ai suoi genitori, così come ogni bambino vorrebbe (Zattoni, Gillini, 2003, p. 19).[4] D’altra parte, se il figlio si conforma a questa eccessiva ed irrealistica idealizzazione, da parte dei genitori vi sarà il rischio di contribuire ad un’ipertrofia dell’Io del piccolo, con segni di onnipotenza che potrebbero portarlo a vivere in maniera eccessiva ogni frustrazione, nel momento in cui, nel corso della vita, sarà costretto a confrontarsi con i suoi limiti e con i suoi errori (Zattoni, Gillini, 2003, p. 20). [5] 


 

[1] Cfr. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 45

 

[2] In Italia oltre 4700 mamme hanno meno di 19 anni. La maggiore concentrazione è al sud: Sicilia 780, Campania (644) Puglia (441). Dati Adnkronos Salute 2008

[3] WENNER in J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1982, p. 111

[4] M. ZATTONI - G.GILLINI, Di mamma non ce né una sola, in “Famiglia oggi”, 2003, N° 2, p.19. 

[5] M. ZATTONI - G.GILLINI, Di mamma non ce né una sola, Op. cit., p.20.