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Il riscatto di Francesco

15-09-2023 09:12

Ermelinda Fonti

AUTISMO, Autismo - Esperienze, abbandono dell chiusura autistica,

Il riscatto di Francesco

L'abbandono della chiusura autistica è possibile quando i genitori riescono a venire incontro ai bisogni del bambino con tali problemi.

 

 

Il piccolo Francesco era giunto al Centro Studi Logos quando aveva 24 mesi, dopo un lungo peregrinare fra diagnosi e terapie, che avevano esasperato i genitori e soprattutto il bambino.

 Francesco presentava leggeri tratti di chiusura autistica, con linguaggio sillabico molto ridotto e numerose stereotipie verbali e motorie. Aveva inoltre, se contrariato, comportamenti oppositivi con crisi nervose e conseguente difficoltà nel rasserenarlo. Manifestava, inoltre, irrequietezza motoria e mancato controllo degli sfinteri. La relazione con i genitori si presentava difficile. Verso la madre presentava un attaccamento ansioso. Mancava quasi del tutto la relazione con il padre.  Non accettava di essere condotto per mano dal padre che andava a riprenderlo per portarlo a casa, mentre ad altre persone dava la mano volentieri.

La madre, consigliata da alcuni neuropsichiatri, aveva iniziato a far attuare psicomotricità al bambino che però aveva abbandonato quasi subito, poiché aveva notato la frustrazione del piccolo nel seguire le indicazioni date dalla terapista, la quale manifestava atteggiamenti poco empatici. 

Navigando sul web aveva trovato, tramite un blog sull’autismo, il link del Centro Studi Logos di Messina, diretto dal professore Tribulato. Questi, una volta contattato, ha accettato di seguire il bambino e supportare i genitori nell’iter per affrontare e se possibile risolvere le difficoltà del piccolo Francesco. 

Al momento della diagnosi il papà si descriveva come un ottimo compagno per la moglie, capace di autocritica ma molto pignolo, testardo e nervoso, a causa dello stress causato dal lavoro. Il rapporto con il bambino, come abbiamo detto, era quasi inesistente, tanto che era restio nel provare a coinvolgersi nel gioco con il figlio. 

La madre si descriveva come una donna molto ansiosa, con la propensione a drammatizzare gli eventi. A causa del lavoro il tempo che riusciva a dedicare al figlio era molto poco. 

Lo stress per il lavoro e i comportamenti oppositivi di Francesco creavano dei contrasti tra i genitori. 

I rapporti con gli altri parenti erano scarsi, poiché il bambino, a parte la nonna materna, si rifiutava di restare con persone diverse dai suoi genitori. 

La deambulazione autonoma del piccolo era avvenuta verso i 16 mesi circa, mentre per quanto riguarda il linguaggio, ancora a 18 mesi non parlava. Tuttavia, indicava ciò che desiderava avere ed eseguiva piccoli compiti su richiesta.

Ciò che aveva iniziato a preoccupare la madre erano le numerose stereotipie motorie e verbali messe in atto da Francesco: contorcimento delle mani e continui vocalizzi ma anche atteggiamenti di estraniamento dalla realtà davanti a delle ruote che giravano. Al parco era attratto dagli altri bimbi, ma poi si allontanava perché non riusciva ad interagire. Tuttavia, se chiamato, si girava e presentava contatto oculare con la madre. 

Il bambino era molto taciturno, cercava di farsi capire mugolando, l’attenzione verso qualcuno o qualcosa durava pochissimo. 

I genitori stanchi e sfiduciati lo descrivevano come un bambino capriccioso e lamentoso, a cui non gli andava bene niente. 

Per quanto riguardava l’uso degli strumenti elettronici, fino a 18 mesi gli veniva dato il telefonino per guardare i video per due ore al giorno circa, mentre a casa della nonna, dove stava quando i genitori erano al lavoro, la Tv era sempre accesa. 

Durante il primo colloquio, il professor Tribulato aveva spiegato alla madre che non bisognava pensare al figlio come un bambino problematico e capriccioso, ma semplicemente come un bambino che si era chiuso nei confronti del mondo, poiché non aveva fiducia negli altri. 

Questa fiducia, tuttavia, poteva essere creata mediante il gioco, strumento fondamentale per sviluppare nei bambini il pensiero, la progettualità, l’agilità, la forza, la memoria ecc. Con il gioco il bambino avrebbe ampliato il contesto relazionale e costruito e rafforzato il legame con i genitori. 

In particolar modo, era necessario utilizzare la terapia affettivo relazionale che utilizza la tecnica del Gioco Libero Autogestito, ovvero un tipo di gioco in cui è il bambino stesso a decidere quale gioco effettuare, chi avere come compagno di gioco, per quanto tempo condurlo e con quale altro gioco sostituirlo. In questa tecnica è sempre il bambino che decide se accettare o no l’aiuto dell’adulto nel gioco o nell’attività che desidera effettuare. L’adulto ha il compito di collaborare, aiutare e sostenere il bambino nella sua attività o nel suo gioco, qualunque esso sia, tranne che non crei un pericolo immediato, reale e concreto per il bambino stesso o per altri. In questo tipo di terapia i genitori devono impegnarsi non come un compito ingrato che gli è stato dato per “curare” il figlio ma devono riuscire a coinvolgersi come farebbe un bambino con un altro bambino ma anche come tutti i genitori dovrebbero fare con i loro figli, al fine di creare una relazione la più gioiosa, piacevole e profonda possibile. 

L’altro consiglio era di evitare assolutamente l’uso della Tv, del tablet e dello smartphone che avrebbero aumentato l’isolamento del bambino dalla realtà.  

Per trasmettere al figlio serenità e per creare un ambiente familiare accogliente, i genitori dovevano impegnarsi a creare tra loro un rapporto quanto più possibile disteso e armonico. 

Inoltre, veniva consigliato ai genitori di evitare per quanto possibile i “no”, al fine di limitare al massimo delle frustrazioni che avrebbero costretto il figlio ad accentuare la sua chiusura nei confronti degli altri e del mondo. 

 

 Il percorso di Francesco

 

Durante il primo colloquio la madre di Francesco aveva esposto i vari dubbi che l’avevano assillata quando cercava aiuto e conforto nel web. 

Il primo dubbio riguardava l’attaccamento che il figlio mostrava nei suoi confronti, chiedendosi se fosse normale. Le venne spiegato che si trattava di un “attaccamento patologico”, in cui il bambino, a causa delle sue insicurezze, si era legato fortemente all’unica persona che gli procurava un po’ di tranquillità. 

Un altro dubbio di ordine pratico riguardava il comportamento problema che aveva Francesco il quale, appena sceso dal passeggino, non accettava di dare la mano ma scappava e correva. A questo riguardo le fu spiegato che questi comportamenti erano dovuti all’ansia presente nel bambino e che l’unico modo per diminuirla era creare, mediante il Gioco Libero Autogestito un’ottima relazione con suo figlio. Inoltre, veniva consigliato alla madre di far scendere il piccolo in luoghi sicuri, dove poter correre e divertirsi insieme a lui, senza doverlo richiamare continuamente e bruscamente.

Ai genitori fu sconsigliato di far frequentare l’asilo, poiché questo luogo non è per nulla indicato per i bambini con chiusura autistica, poiché vi sono delle regole da osservare, vi è la presenza di tanti, troppi bambini che parlano, urlano e piangono, per cui sarebbe stata una fonte di notevole stress e ansia per Francesco, il quale con molte probabilità avrebbe reagito chiudendosi ancora di più. 

Infatti, quando un bambino si chiude nei confronti degli altri e del mondo, si blocca lo sviluppo del controllo dell’emotività, per cui le emozioni negative come l’ansia e le paure, stimolate dalla frequentazione dell’asilo, sarebbero state molto difficili da controllare. Di conseguenza, data l’estrema fragilità in cui si trovava la psiche di Francesco, non si sarebbe potuto difendere dalle frustrazioni di quel luogo, se non accentuando la chiusura.

La madre, inizialmente, aveva anche numerosi dubbi sulla tecnica del Gioco Libero Autogestito, poiché le venne raccomandato di evitare il più possibile i “no” e di assecondare il figlio nei suoi giochi, anche se potevano sembrare troppo semplici, poveri, bizzarri o senza senso. La madre temeva che, assecondando il figlio nei suoi bisogni e desideri, questi potesse diventare un bambino viziato e ingestibile. Le venne spiegato che sarebbe successo esattamente il contrario, ovvero che assecondando il bambino nei giochi scelti da lui, anche se all’apparenza apparivano senza senso o ripetitivi, avrebbe dimostrato di essere a lui vicina emotivamente. In tal modo avrebbe trasmesso a Francesco un messaggio importante: che la mamma era buona e comprensiva e pertanto si poteva fidare di lei. In questa fase era basilare rassicurare il bambino, standogli vicino il più possibile, preferibilmente all’aria aperta, anche dimezzando l’orario lavorativo, in modo tale che il piccolo si sentisse amato e coccolato.

 

A due settimane di distanza dal primo incontro, la madre riferì che le crisi oppositive erano diminuite e che piagnucolava meno. Riportava inoltre, le sue difficoltà nel partecipare ai giochi del figlio e che, al presentarsi delle stereotipie, aveva cercato di bloccarle con conseguente pianto di Francesco. Le venne suggerito di non vedere le stereotipie come qualcosa di negativo, ma semplicemente come un mezzo per ridurre l’ansia e allentare la tensione che si accumulava dentro di lui. Giocando con il figlio la tensione, progressivamente si sarebbe allentata. Invece, bloccando le stereotipie o le ecolalie il risultato sarebbe stato solo quello di un’accentuazione di queste manifestazioni. 

La madre riferiva, inoltre, che, durante il gioco, il bambino la mordeva e le tirava i capelli. Le venne consigliato di non farsi vedere arrabbiata, ma di trasformare questi comportamenti aggressivi in un gioco, pur facendo capire a lui che questi comportamenti le facevano del male. 

Un altro elemento positivo riferito dalla madre era che il bambino riusciva a riposare di più e meglio, tanto che i lamenti durante la notte erano cessati e dormiva anche il pomeriggio. 

Era migliorata anche l’alimentazione. Il bambino ora accettava di aggiungere nuovi cibi ai pochi che mangiava. 

In conclusione, il miglioramento delle relazioni con i genitori e soprattutto con il padre aveva in breve tempo apportato dei miglioramenti nel bambino. 

 

A distanza di due mesi dalla presa in carico, veniva constatata l’abbandono da parte di Francesco della chiusura autistica in quanto il contatto con la realtà appariva costante e stabile. Vi era, inoltre, un ulteriore miglioramento di Francesco, dal punto di vista della comunicazione e del rapporto col padre, con il quale Francesco amava giocare a nascondino e a cavallino. Quando padre e figlio giocavano insieme la madre preferiva restare un po' in disparte nei giochi, senza coinvolgersi, per permettere al padre di recuperare in pieno il rapporto con il figlio. 

 

Nei successivi incontri, veniva riscontrato un ulteriore, quanto inaspettato sviluppo positivo, dello status psicologico di Francesco, che gli operatori del Centro Studi Logos spiegavano con il maggior coinvolgimento della madre, la quale, durante le ferie, si era resa conto di quanto fosse indispensabile dedicarsi al figlio, per cui aveva iniziato ad interagire molto più di prima, sedendosi per terra, e giocando nei modi che piacevano al piccolo. Inoltre, la donna ora riusciva ad assecondarlo con maggiore serenità e gioia. 

Dalle espressioni dei volti si vedeva chiaramente quanto entrambi godessero nel giocare insieme. In definitiva, la madre aveva ben imparato a lasciarsi andare pienamente nella relazione con il figlio. 

Inoltre, l’ambiente familiare si stava evolvendo positivamente, e i genitori iniziavano a collaborare tra loro, per trovare il giusto equilibrio, favorendo così il benessere di Francesco. 

Gli effetti della ritrovata serenità erano ben visibili, infatti il bambino aveva aggiunto nel frattempo una ventina di parole al suo vocabolario ed aveva iniziato a farsi capire sempre meglio. Si esprimeva in maniera più fluida e associava i nomi alle cose o alle immagini. Inoltre, il piccolo ora iniziava ad avere uno sguardo ancora più vivace e più connesso alla realtà.  

Anche le stereotipie erano diminuite in conseguenza del maggior benessere interiore di Francesco, mentre la famiglia si stava rivelando nettamente funzionale ai bisogni del bimbo.

Nei successivi colloqui, la madre sempre più serena e incoraggiata dai miglioramenti, riferiva che il figlioletto iniziava a socializzare con i bimbi al parco e le stereotipie (osservazione prolungata delle ruote) erano diminuite. Iniziava anche ad assaggiare altri cibi e introdurre nuove preferenze, nella limitata lista della sua alimentazione. 

L’unico aspetto negativo era la paura nei confronti delle novità o dei luoghi a lui sconosciuti. Tuttavia, in questi casi, i genitori riuscivano a rassicurarlo con la loro vicinanza.

All’osservazione lo sguardo del bambino appariva sempre più vivo e connesso alla realtà circostante.

I suoi movimenti apparivano sciolti e le sue espressioni facciali vivaci.

Il rapporto tra i coniugi risultava adesso migliorato e ciò aveva avuto una notevole importanza per il benessere psicologico di Francesco.

I coniugi erano sempre molto attivi nel proporre ciò che piaceva a Francesco. La madre in particolar modo era molto contenta dei progressi del figlio, soprattutto per quanto riguardava il linguaggio, in quanto, ora era possibile instaurare un vero dialogo con il figlio. 

Attualmente, dopo un anno circa dalla presa in carico il bambino è diventato un gran chiacchierone, sia con i genitori e gli adulti che con i bambini verso i quali tuttavia mostra una certa timidezza che verbalizza dicendo “mi vergogno”.

Ama scarabocchiare dando un significato alle varie forme: “Questo è il papà, questa è la mamma”, ciò ci permette di comprendere che il suo sviluppo cognitivo è attualmente adeguato all’età cronologica.

Per quanto riguarda il sonno Francesco attualmente dorme tutta la notte nel suo letto posto accanto a quello dei genitori e al risveglio appare sereno, mentre prima i risvegli erano traumatici, in quanto piangeva a lungo, in modo inconsolabile.

Il bambino ha imparato a contare fino a 10 e conosce i colori.

Al momento, l’unico cruccio per i genitori, è che il bimbo presenta una personalità molto forte per cui, a volte, appare molto ostinato e un po’ prepotente al parco nel rapporto con gli altri bambini. 

Il percorso di riscatto di Francesco è ancora in atto, poiché quando un bambino esce dalla chiusura autistica, appare ancora emotivamente fragile e deve essere aiutato nel suo percorso di crescita emotiva e cognitiva che, nel momento della chiusura, si era come congelato e interrotto.

Dott.ssa Linda Fonti - Pedagogista